Casa Editrice: Newton Compton Editori - 224 pagine
Formati disponibili: cartaceo e ebook
Genere: Gialli
Trama:
Anno del Signore 1793. Granducato di Toscana. Un castello fondato su un'antica abbazia, un cadavere avvolto nei tralci di una grande vite. Sotto le luci di un'alba invernale, i vitigni innevati del barone Calendimarca si rivelano teatro di un omicidio. Non solo un enigma inspiegabile, ma anche un'onta per il casato del nobiluomo. Vitale Federici, insieme al suo devoto discepolo Bernardo della Vipera, si ritroverà a investigare su un delitto i cui moventi sembrano affondare nell'antica tradizione vinicola della famiglia baronale, e nella sua cantina sotterranea che, simile a una biblioteca, pare celare un indizio sull'identità dell'assassino. Riuscirà Vitale a fare luce su questo caso, in cui ambizione, inganno e antiche passioni si intrecciano in un mistero forse impossibile da decifrare?
Recensione: "La taverna degli assassini" è l'ultimo lavoro di Marcello Simoni il cui protagonista è Vitale Federici, un giovane studioso abile solutore di enigmi, che qui si presenta nella funzione di precettore del giovane e occhialuto Bernardo della Vipera.
Ambientato nel Granducato di Toscana nel dicembre del 1793, il romanzo è un insidioso gioco di apparenze che richiama il mito della caverna di Platone (argomento della lezione di Bernardo) ed in cui, sapientemente, come è solito fare, Simoni mescola Storia e fiction, personaggi realmente esistiti e personaggi inventati di sana pianta.
A proposito di pianta, un elemento significativo dell'indagine è la vite, in particolare "una vite alta, bianca e nodosa che si ergeva in mezzo alle altre come una croce fatta di ossa." che ingloba il cadavere di un uomo. Questa scoperta induce il barone Leonberto Calendimarca ad ingaggiare Federici che, ovviamente, non ha alcun mezzo o "aiuto" concreto e materiale per fare chiarezza nel caos che si viene a creare, ma il ritmo della narrazione e la cura delle descrizioni aiutano il lettore a calarsi nel contesto storico e ambientale di riferimento. La storia si sviluppa in modo classico partendo, appunto, dal ritrovamento di un cadavere, dietro cui si celano misteri, leggende, macchinazioni, complotti, fantasmi del passato, amori, ambizioni personali e desideri di vendetta. Non soltanto mancano, come è naturale, gli strumenti più moderni, come computer o smartphone da analizzare, intercettazioni, riprese di videocamere di sicurezza o celle telefoniche da verificare, ma perfino la semplice possibilità di raccogliere informazioni. Federici si avvale della collaborazione del suo allievo Bernardo ma la risoluzione del caso è affidata quasi interamente alla sua attività di riflessione su ogni minimo particolare, alla finissima indagine psicologica, all'incrocio delle testimonianze, all'occhio attento, alla finezza dell'olfatto che coglie un particolare odore, all'orecchio acuto che valuta una voce sentita o appena percepita da una stanza all'altra. Un altro esempio (quasi) perfetto di giallo vecchio stile, a cui Simoni ci ha abituati, in cui solo ed esclusivamente il potere della ragione è in grado di riportare ordine nella realtà e ricondurre un mucchio caotico di episodi apparentemente scollegati tra loro a un'ordinata sequenza di cause e conseguenze.
L'Autore popola la vicenda di personaggi secondari, ognuno con la propria storia degna di nota ed è evidente la sua capacità di approfondire anche i personaggi non protagonisti, c'è quindi l'universo delle relazioni umane in atto: storie d'amore, beghe familiari, passati da nascondere, dolori profondi... i personaggi hanno una vita, un passato e un futuro, un loro spessore.
Alcuni di essi mi hanno colpita: Morieno Santacroce, il physicus dal "volto maculato", una sorta di Cagliostro riconvertito in medico di casa, la cinica e ambigua baronessa Augusta Cornelia e il padrone di casa, barone Leonberto Casamarca, inetto e presuntuoso, come molti rappresentanti della nobiltà dell'epoca, che millanta di essere un esperto e raffinato conoscitore di vini.
Il finale richiama i romanzi della Christie con protagonista Poirot: Federici (che io però vedo come un misto tra Poirot e Sherlock Holmes) riunisce i sospettati, che ha voluto tutti mascherati, in un salone e li coinvolge nel suo ragionamento deduttivo, li porta a manifestare e giustificare o confessare le proprie azioni, letteralmente li smaschera illuminandoli ad uno a uno con la luce di un candelabro.
E' una lettura piacevole, coinvolgente, difficile da interrompere, arricchita dai disegni dell'Autore, che conferma il successo di Marcello Simoni.
P.S. Vitale Federici, in qualità di precettore, sulla via del ritorno, assegna al suo allievo la lettura di "Zadig ou la Destinée. Histoire orientale", chissà se il prossimo romanzo sarà ispirato da questo classico?
(Luisa Debenedetti)
Citazioni da questo libro:
Non dimenticatelo mai, amico mio. Intuire con l'ausilio del solo intelletto ciò che non è possibile vedere o toccare, distingue l'uomo dall'animale. O meglio, il filosofo dal sempliciotto.
La verità non è mai una cosa bella. Anzi, spesso si presenta a chi la scopre con le sembianze di un mostro orrendo. Ed è proprio questa sua spaventosa, inaccettabile bruttezza a rendere inviso al prossimo chiunque tenti di descriverla.
Adesso era lui a immaginare un mostro in agguato tra le selve imbiancate della Toscana. Un mostro spaventosamente astuto e paziente, intento a spiarlo con due occhi da rettile. Occhi pieni di verità, ma privi di felicità. Perché, Vitale non aveva dubbi, l'una poteva esistere solo in assenza dell'altra.