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Genere: Noir

Trama:
Una storia lunga quarant'anni. Un segreto inconfessabile. Una promessa. L'ultimo compleanno. La resa dei conti.

Recensione:
In nome del figlio è il secondo romanzo pubblicato da Licia Allara.
Dopo aver letto Lettera alla sposa, le prime pagine mi hanno spiazzata, mi aspettavo dall'Autrice un romanzo completamente diverso, non so, di un altro genere, ma la colpa è mia e delle mie idealizzazioni, diciamo che alla base di questo malinteso c'è una sola colpevole (grazie Licia) e cioè io. Ma non sono certo una lettrice che si lascia scoraggiare perché il libro non è come se lo era immaginato, anzi, ed è un anzi cubitale, sono davvero felice quando un autore riesce a sorprendermi, a propormi qualcosa di inatteso. Ed inatteso mi è giunto questo bel romanzo tra l'onirico, il reale, il soprannaturale e il noir di cui non voglio addentrarmi nella trama perché è tutta da scoprire e non vorrei privare il lettore delle sorprese e delle emozioni che riserva. Mi vorrei più soffermare sulle indiscutibili doti di narratrice della Allara. Il romanzo è narrato con un linguaggio preciso, scandito dalla tensione e intervallato da pause, creando un tessuto narrativo sul quale il lettore si sente perfettamente a suo agio, può dedicarsi allo svolgimento della trama senza temere tranelli linguistici o inceppamenti nello scorrere delle immagini. Immagini appunto, non parole, perché la perfezione della narrazione è capace di scomparire e lasciare il posto a vere e proprie immagini che ciascuno plasma a modo proprio, ma comunque assicurano una certa tridimensionalitá al narrato e ai quattro protagonisti: Leonardo, Maria, la Ida e Orfeo.
Il piano narrativo è intersecato da più linee temporali, condotte magistralmente senza creare garbugli o soluzioni abborracciate con facili espedienti. Tutt'altro, l'autrice costruisce il suo universo, fatto di persone, fatti e luoghi, e lo manovra perfettamente, sapiente regista di una storia che appare semplice ma si complica sempre di più con l'aggiunta di nuovi elementi, sino al finale.
Accanto alla vicenda e alla musica costruita da Licia con la tessitura della trama, vi è la denuncia di certi pregiudizi, soprattutto retaggio delle società borghesi chiuse, in cui una donna (Maria) si ritrova a dover subire un matrimonio che appare felice solo fuori delle mura domestiche tra le quali non può condurre una vita normale animata e riscaldata dall'amore familiare e ci parla nella sua attuale condizione di spirito, finalmente libera dopo aver terminato il viaggio nelle umane spoglie, per proseguire la strada in quelle lande cui il cuore tanto ha anelato durante la vita.
Leonardo viene presentato nel momento in cui avviene una svolta, in cui la sua vita giunge ad una di quelle fatidiche fermate per prendere un nuovo corso, una nuova consapevolezza che sia giunto il momento di riconciliarsi col padre Orfeo ed essere ricompensato delle privazioni e della mancanza di un semplice ti voglio bene.
Se la struttura generale del romanzo è, come accennavo, quella di un noir, quindi dalle tinte abbastanza decise e marcate, dalla delicata penna di Lucia non possono non sbocciare fior di passaggi assai delicati e disposti in modo da far comprendere meglio certe situazioni e trasportarle per un attimo in un ambiente più poetico. Ma la narrazione di un noir ha i suoi tempi e quindi il racconto immediatamente riprende col suo preciso ritmo. A sottolineare e descrivere meglio la non facile vita sia di Maria, brutalmente privata degli affetti familiare, sia del figlio Leonardo, che si sente privato della madre, l'Autrice non fa mancare un sottile lavoro di cesellatura psicologica, preciso e ben definito, capace di dare una notevole profondità ai personaggi ed al romanzo stesso. Nella lettura sono rimasta molto colpita dalla capacità di Licia ad affrontare situazioni assai controverse (magari per qualcuno scabrose) con una grande delicatezza mista a determinazione, a non voler nascondere nulla, scevra dal dolciastro perbenismo che trasforma il non voluto dire in nauseante esibizionismo.
In questo romanzo il passo è davvero misurato e ben calibrato, e conduce il lettore nei meandri di una storia complessa, narrata in modo molto bello, in cui la verità sembra lontana, silente, al di là del balcone della propria vita, ed in cui Maria è il Deus ex machina, attore e spettatore onniscente e privilegiato, a metà tra l'essere vivo e l'essere un fantasma, oltre il visibile e l'invisibile.
Si denota una coraggiosa mancanza di pregiudizio capace di ammonire chi invece si cela dietro un perbenismo di facciata ma che nasconde vizi e nefandezze ben peggiori di chi fa oggetto di giudizio e di scherno.
E' evidente in tutti i personaggi la parabola dell'impossibilità di comunicare, apologo sull'uomo di oggi e i suoi sogni obliqui, popolati di contraddizioni, incoerenze, ambiguità vissuti prima con se stessi e poi con gli altri. In definitiva un romanzo ben costruito, che si addentra nell'indagine psicologica ed esistenziale, scritto in modo esemplare ed elegante, in cui colei che pareva essere la più debole risulta essere, al contrario, la più forte, la manovratrice dell'intera vicenda. Penso che più di così non si possa desiderare, giunga così a Licia Allara il mio grazie per queste belle pagine.
(Luisa Debenedetti)

Citazioni da questo libro:
Le due ragazze si aprirono vicendevolmente a mondi sconosciuti: l'una si affacciò a quello sofisticato e colto della borghesia di città, l'altra si immerse nel mondo libero, sincero e in qualche misura primitivo delle umili famiglie di campagna.

La nostalgia si allargò dentro di lui come una macchia d'olio sulla superficie di un lago immobile.

Una luce fondamentale per comprendere, forse per ripartire. Non necessariamente per giustificare o perdonare, ma per capire.
Capire da dove veniva.

Tastò ancora una volta la tasca interna della giacca: senti il rilievo rassicurante della ceralacca toccare la camicia in corrispondenza del cuore.

Della stessa autrice:
Il respiro della formica
Lettera alla sposa



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