Casa Editrice: Le Mezzelane - 96 pagine
Disponibile in formato cartaceo e ebook
Genere: Poesia
Trama:
La chimica e I genocidi del Novecento, l'epica omerica e gli Internet café di Shibuya, Michelangelo e i gatti passando per Ezra Pound, i NoTav e il Kendo, compatti come lattine di un distributore automatico di versi: diario di viaggio, pacati armistizi con l'imprevisto e l'imprevedibile: la Porta rossa.
Recensione:
Viviamo in un mondo caotico, veloce, in un frullatore di notizie, immagini, azioni e Furio Detti lo capisce, lo respira e lo scrive.
Quest'opera ha, nel suo essere figlia di questi tempi senza pause, la sua caratteristica e la sua peculiarità.
Il materiale è preso da ogni dove, dalla propria anima, dalla mitologia classica, da fatti contemporanei e persino dalla cultura giapponese (immancabili kanji disseminati tra le pagine) e costituisce la materia da modellare e utilizzare per i propri fini artistici.
Il poeta opta per una varietà delle forme poetiche arrivando a utilizzare anche gli haiku.
Tutto è piegato al proprio volere, con abilità, maestria e tecnica. E', tra le opere contemporanee, un raro esempio in cui il verso libero non spadroneggia; ne consegue una musicalità piacevole e un ritmo quasi sempre serrato, che accompagna la lettrice e il lettore come una marcia.
La raccolta è quadripartita: Partenza, Giappone, Ritorno e Prosa.
Il poeta si giostra tra italiano e inglese senza nessun problema e sfruttando ottimamente le qualità linguistiche di entrambi.
Quando si accosta alla cultura del Sol Levante dà il meglio di sé e riesce a toccare una profondità d'animo che, in altre parti, manca un po'.
Non si risparmia nemmeno con la prosa, anche se è il terreno in cui le sue qualità fioriscono meno.
Regnano Bukoswki e D'Annunzio, il primo per la vivacità e per lo stile pulp, se non addirittura punk in certi punti e il secondo per l'estrema attenzione formale che va, in alcuni punti, a scapito del contenuto.
Lettura interessante e modernissima, a tratti non proprio matura, ma comunque di pregio.
Per chi scrive, paradigma dell'opera è san, forse il componimento meglio riuscito, mentre il punto debole è un'eterogeneità che è stata volutamente scelta come marchio artistica, ma che è un po' sfuggita di mano.
(Paolo Tognola)