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I morituri dagli altipiani al Piave nella Grande Guerra
di Valentino Appoloni

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    Casa Editrice: ilmiolibro - 182 pagine
    Formati disponibili: ebook




  • Genere: Romanzo storico

    Trama:
    "Dovrebbero dare una pistola in dotazione a tutti, anche ai graduati e ai soldati, per migliorare la capacità di difesa e lo spirito offensivo; il fucile, negli stretti camminamenti, crea impaccio. Nei colpi notturni, nelle imboscate, in certi attacchi l'arma corta è come un naturale prolungamento della mano. Inoltre la pistola ha qualcosa di banditesco che si adatta al temperamento di alcuni di noi. Alla paura di morire cercheremo di opporre la spavalderia della nostra età. Come per i nostri coetanei a Sparta e a Roma, il combattimento sarà misura di forza e maturità".

    Recensione:
    Lettura niente affatto dilettevole e piuttosto impegnativa, un vero e proprio diario di guerra che riporta una lunga teoria di scontri bellici consumati negli anni compresi fra il 1916 ed il 1918 sul fronte italo-austriaco, narrati dall'autore con grande partecipazione emotiva, quale potrebbe essere quella di un reduce che ha vissuto il dramma del conflitto sulla propria pelle. In queste pagine si legge lo strazio di uomini in bilico tra individualità e senso di appartenenza ad un gruppo: il plotone, il battaglione, la Patria stessa nel suo insieme. Il pensiero della morte rende individualisti, ma al tempo stesso si trasforma dal singolare "sono in trincea" al plurale "siamo in trincea", poiché in quel solco scavato per combattere, gli uomini condividono tutto e tra loro si crea un legame inscindibile. L'abitudine porta ad adattarsi anche agli spazi ed alle situazioni più impensabili e, giocoforza, ad adattarsi ad essi sino a stipulare con loro un'unione quasi affettiva. Questa è la sensazione che, a mio avviso, deriva al lettore che scorre queste pagine.
    Come intuibile dal titolo, in questo racconto sono riportati con ampia dovizia di particolari fatti davvero terribili, visioni inquietanti che si susseguono senza tregua, eccezion fatta per due brevi sprazzi di ritorno ad un'esistenza normale, a Verona ed a Genova. Fatte salve le poche pagine dedicate a questi due momenti, tutto il resto della narrazione potrebbe essere definito all'insegna della "negazione della negazione della speranza" come artificio mentale per affrontare le reiterate prove, in quanto non sono mai riuscita ad intravedere una speranza vera e propria, capace di sollevare dalle molte emozioni dolorose e negative. Il grande protagonista impalpabile che aleggia in quest'opera è il vuoto. Il vuoto della mente, colmato a tratti dal ricordo di citazioni dei classici, il vuoto del corpo fisico, privato dei suoi sostegni indispensabili, quali acqua, cibo, sonno e protezione dagli agenti atmosferici, il vuoto che si crea oltre lo sguardo del combattente nel momento in cui abbatte un avversario, il cui corpo cade a terra.
    Lo stile dell'autore è formale, esente da volgarità, intenso e coinvolgente nel trasmettere emozioni, sensazioni e sentimenti, lapidario nella descrizione degli eventi che hanno segnato una delle parentesi più laceranti in assoluto nell'ambito del primo conflitto mondiale del Novecento.
    (Angelarosa Weiler)

    Citazioni da questo libro:
    Il campo di battaglia non lo abbiamo scelto noi, ma alla fine, in un certo senso, lo amiamo.

    Guardo il sole. Quel mito che nella Caverna di Platone rappresenta l'assoluto, il razionale, l'ordine, ora ci guarda indifferente mentre veniamo maciullati di bombe.

    Non riusciamo a toglierci di dosso la parola morte.

    La morte è un odore che mi sento appiccicato addosso.

    Dello stesso autore:
    La ferocia dall'Adige all'Isonzo nella Grande Guerra



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