Casa Editrice: Extempora - 326 pagine
Formati disponibili: cartaceo
Genere: Thriller
Trama:
"Avvocato, ci scappa il morto... qui ci scappa il morto, glielo dico io!". Una donna si fionda trafelata nello studio dell'avvocato Borrani. E' stata per decenni la collaboratrice domestica di Giulia Malanima, anziana e ricchissima figlia di uno dei più famosi antiquari italiani. La vecchia Malanima è appena morta, e son già arrivati nella sfarzosa villa i tre figli famelici. Inizia così un thriller giudiziario che ha come trama principale la contesa della ricchissima eredità: quattro testamenti, uno per ciascuno dei protagonisti. Si scaverà nella loro vita con incursioni grottesche nel fondo dell'avidità umana.
Recensione: "Una favolosa eredità" di Giuseppe Benassi rappresenta quello che, per me, è un buon libro nel genere "legal thriller all'italiana", dosato nell'azione, nella comicità e nella tragedia (intesa come commedia umana), che scorre liscio come un buon bicchiere di Rosso di Montalcino e, pagina dopo pagina,non annoia mai.
Il protagonista, l'avvocato Borrani, è a suo modo un vero anticonformista nella vita privata e nel lavoro, che non si trincera dietro a nessuna convenzione sociale dei nostri tempi. Infatti non utilizza computer, cellulare o altre tecnologie, è fondamentalmente sarcastico, cinico, avaro, "vagamente omofobo" e dotato di una sottile vena di perfidia professionale. Una brutta persona? Non del tutto, possiede anche buone qualità: è perseverante, intelligente, non si sottrae dall'esprimere il suo punto di vista, cogliendo l'occasione per fare un'analisi lucida e a tratti spietata della nostra società e del sistema giudiziario, spesso approssimativo e gestito da amministratori mediocri.
La vicenda verte sulla contesa di una cospicua eredità insaporita da due omicidi e la mia impressione di fondo è che tutto il libro sia costruito con l'intento del divertissement, con qualche pennellata leggermente cochon.
Lo stile è fluido, scorrevole e incisivo, è un legal thriller dalla struttura interessante e insolita. Vi sono capitoli interi sulla vita e le abitudini sessuali di una delle vittime e aspirante erede che rende la narrazione meno incalzante, ma ugualmente coinvolgente grazie a uno stile che richiama "Il Vernacoliere", periodico livornese di satira decisamente grottesca.
Niente brava gente per i lettori di questo romanzo. Bisogna accontentarsi di quello che passa l'Autore, figure di frustrati e depressi omosessuali sovrappeso, avvocati arrivisti, avidi funzionari statali, professionisti indolenti e presuntuosi, meschini usurai nonché domestici affezionati per interesse. E' talmente tutto così miserrimo da risultare paradossalmente affascinante, così il lettore si lascia incantare da una narrazione che vede Livorno, Pisa e Firenze sullo sfondo a fare da testimoni mute e impotenti dell'intrecciarsi della vicenda.
Come per i romanzi veristi italiani, anche per "Una favolosa eredità" non c'è nessuna rivincita, nessun riscatto, nessun risarcimento né morale né sostanziale che porterebbe ad un finale "in gloria". E sarebbe un giallo di una tristezza notevole se il genio compositivo di Benassi non lo trasformasse in qualcosa di assolutamente grottesco e a tratti satirico attraverso una scrittura affilata e aguzza che prende il lettore e non lo lascia fino all'ultima pagina.
E' un romanzo tutto da scoprire, a suo modo denso di colpi di scena e di sorprese, vi sono intrecci che si annodano e si sciolgono, punti di vista che cambiano, e l'Autore pian piano che scava nell'animo umano, ne porta alla luce brandelli sepolti, nascosti, implacabile ed attento sezionatore delle menti e dei sentimenti. L'amore e la passione, l'odio, l'avidità e la perversione in genere vengono infatti sezionati ed analizzati da Benassi, che ne rivela aspetti inediti e sorprendenti, pone in luce particolari seminascosti che riescono ad insinuare un dubbio nel lettore su quanto sa di certe dinamiche. Benassi è attento narratore, preciso e meticoloso, dietro la sua scrittura si nota un fine progetto, un'architettura precisa ed armonica che sorregge un romanzo divertente (non comico), gradevole, di estrema attualità, e mai banale.
(Luisa Debenedetti)
Citazioni da questo libro:
Anche odiare la bassezza voleva dire abbassarsi, farsi sconvolgere. La buona educazione, di cui era dotato, benché talvolta se ne scordasse, era il miglior modo per tener lontani i cretini.
Siamo i portieri di un hotel mentale in cui il telefono squilla in continuazione: dalle loro camere i clienti ci fanno le richieste più assurde, più petulanti, e neanche in sonno ci lasciano in pace, ci vengono a tormentare anche lì, si travestono, si mischiano, si accoppiano, prendono false sembianze, ci spaventano, ci vogliono ammazzare, ci inseguono ovunque: vampiri delle nostre energie.
Che ne sappiamo, davvero, di quel che gli altri pensano di noi? Crediamo di conoscere coloro con cui viviamo gomito a gomito, ma son proprio quelli che capiamo meno, che ci sfuggono di più.
Credete di "Aver diritto alla giustizia"? Non siete che degli illusi. Al più troverete degli squali di avvocati che vi spolpano, vi spelano dei vostri quattrini, vi fanno fuori quelli che sperate di agguantare. La burocrazia giudiziaria era un mostro che si nutriva solo di riti maniacali e usava un gergo a dir poco grottesco