Casa Editrice: Fallone Editore - 176 pagine
Formati disponibili: cartaceo
Genere: Narrativa
Trama:
I passi base di Fabrizio Morlando è una raccolta di racconti che ha per oggetto la morte come stato ineludibile del passaggio terreno, che sia uno schianto accidentale o il più naturale tra i fatti inaccettabili della vita: assimilata come paura del dolore e della perdita, ma anche come atto di liberazione, salto nel vuoto salvifico. Negli anfratti della narrazione, che diventa solvente per l'agire, si legge l'irruzione nel quotidiano di un'ontologia irreversibile che gli uomini chiamano "fato", attraverso la quale Morlando, non senza accordarsi su un'inclinazione ironica e talvolta persino comica, formula una teoria della psicologia del tempo. E lo fa con profondità e leggerezza, con stile nevrile e inquieto, strutturando ogni racconto per equazioni linguistiche e componendo mosaici di stati tra loro antitetici, di luci e di ombre, cadute e risalite, in equilibrio sul filo del paradossale.
Recensione:
Può sembrare strano ma i libri sono un po' come le persone. Ci sono quelli che attirano immediatamente la nostra attenzione, che una volta finiti è necessario un po' di tempo prima di imbattersi in una nuova avventura e staccarsi da ciò che si è letto e in cui ci si è identificati. Ci sono poi quelli che invece non ci lasciano nulla, se non l'amarezza e il dubbio di non averli interpretati e compresi bene.
Alla prima categoria appartiene "I passi base" di Fabrizio Morlando, una raccolta di racconti che, come lo sono i passi base per la danza, si potrebbe azzardare di definire necessario. Necessario, perché nella diagonale di un tempo vilipeso e offeso nelle sue ansie di separazione, ci ricorda attraverso una parola esperta ed esatta, nel suo essere asciutta e provocante, quel rischio di morte sempre presente là dove il dolore, nella sconnessione del corpo, racconta del mondo e dei mondi, della vita a partire dall'anima nel suo isolamento e, dunque, la sua negazione. La frattura sociale in questa guerra si accompagna allora, in un gioco macabro e a volte ironico di reciproci tagli, alla costellazione silente delle tante implosioni personali e collettive, di solitudini ammassate, di inaccessibili ripiegamenti nel timore.
Morlando mette il dito in una prosa, che spesso è poesia, per forza di cose molto corporea; il corpo diventa veicolo di un riconoscimento che passa da se stessi all'altro a volte nella direzione della rottura, altre in quella della prossimità e che, dunque, viene dal medesimo infangamento, dalla medesima secca. Un corpo a cui l'Autore dedica sezioni, come chirurgo, usando la parola come un bisturi per separare dal male una carne arroccata, compressa, a tratti disumana nel suo perdersi nell'abitudine a qualunque tipo di morte. La morte che accompagna il corpo, è la vita messa di fronte alla sua fugacità ma è anche il covo dove si annida una nuova scintilla per chi resta, il punto da cui ripartire e risorgere, più forti di prima pur se sottomessi ai capricci del fato. Ma è pure un corpo a suo modo immortale, quello cui fa appello, il diritto alla disperazione riservato solo a chi non smette di sperare nel futuro. Per questo lo sguardo si fissa nel coraggio di comprendere di non essere solo l'inizio e il termine di se stessi ma la chiave di una congiunzione nella quale anche il dolore, se adottato e liberato, può farci riportare vicino il nostro io più lontano.
Perché, se la vita e la morte sono facce della stessa medaglia, giochiamo a "testa o croce", apriamoci al rischio proprio dove il destino non è chiaro, obbligando la vita a fare passi avanti. E non rinunciamo all'ironia, a trovare il sorriso nel suo valore salvifico, sia pure grottesco, davanti all'ineludibile.
Ed è per questo che lo consiglio nella sua necessità.
(Luisa Debenedetti)
Citazioni da questo libro:
La solitudine è fatta di tante piccole vite tenute assieme da un filo invisibile, come grossi pacchi polverosi ammassati l'uno sull'altro, poggiati al muro in un angolo buio nel seminterrato della nostra mente.
Lo sappiamo bene tutti che non c'è "per sempre" che possa mai durare per sempre eppure non esitiamo a dircelo, a sentire il bisogno.