Trama:
Lud Mills, fantasioso e schizoide disoccupato di un folle paesetto immaginifico, si ritrova una mattina in un bosco popolato da assurdi personaggi. In un percorso tra il reale e l'immaginario incontra una fata scoreggiante con troppi seni, ed a causa sua si troverà invischiato in una serie di improbabili avventure.
Surreale e nonsense, questo volumetto lascerà il lettore piacevolmente sorpreso di una costruzione narrativa lineare e godibile.
Commento: Recensione di Alice Borderline (addetto stampa) Vanja: la Fata Strafatta è il primo (e per ora unico) volume della saga "Le Avventure di Lud Mills" dell'esordiente autore triestino Daniel Dogson. Narra le vicissitudini di un disoccupato con seri problemi relazionali ed al limite dello psicotico: Lud Mills, appunto.
In un giorno qualsiasi il protagonista, abitante di un immaginario paesetto dagli usi e costumi piuttosto insoliti (dove i bambini ad esempio sono costantemente intenti a correre in cerchio per una ragione assolutamente spassosa) si ritrova a camminare in un bosco popolato da personaggi davvero assurdi tra cui appunto Vanja: una stranissima fata che vola grazie alle sue potenti flatulenze. Tra questo ed altri personaggi davvero originali (da sottolineare Frank il Casellante, piccolo ometto che saluta sputacchiando e Gunga, una maga alter-ego di Vanja che, accompagnata a suon di sfottò dal suo infido cane parlante cercherà, con scarso successo, di mettere i bastoni fra le ruote al protagonista) si dipana una storia divertente ma inquietante, di certo straniante.
Il percorso del protagonista all'interno di questo mondo nonsense è un crescendo di follia. Follia alla quale questo Lud Mills infine si conforma, in un'allegoria della vita portata sulla carta in maniera certamente originale.
Il libro è umoristico nella sua base e, se letto superficialmente, potrebbe rimanere un testo di spensierato intrattenimento, tuttavia la risata è spesso e volentieri causata dai giochi di parole dell'autore e dal suo accanirsi - divertirsi con gli assiomi della nostra lingua, trascinando le parole in un turbine matto e piacevole che crea sovente cervellotici loop logici certamente non superficiali. E' di certo scritto con uno stile non comune, per molti aspetti inedito e va letto tutto d'un fiato: ciò avviene spontaneamente, complici la buona scorrevolezza dell'eloquio e la relativa brevità dello scritto (circa 120 pagine la versione cartacea tascabile). In conclusione un libro piacevole che incuriosisce già dall'azzeccato titolo e che fa augurare all'autore una proficua carriera in un campo dove spesso l'originalità fa difetto. In questo caso siamo davvero di fronte ad una nuova, piacevole eccezione.
(Recensione fornita dall'autore)