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Ridatemi il milione
di Andrea Pasquale

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    Casa Editrice: Pubblicazione indipendente - 306 pagine
    Formati disponibili: cartaceo e ebook




  • Genere: Umoristico

    Trama:
    Bevvy è una giovane italiana con una particolare propensione a infilarsi in situazioni kafkiane e un passato che le ha già riservato qualche delusione. Per motivi che alcuni definirebbero bislacchi, si trasferisce in Cina dove decide di lavorare come insegnante. Una notte però, seguendo la propensione di cui sopra, viene fermata a bordo di un camion rubato pieno di mobilia, cianfrusaglie varie e un cane e, portata in questura, racconta la storia del suo grande progetto degli ultimi mesi: aprire un ristorante italiano. Ma perché era su quel camion? Come mai lo aveva rubato e da chi cercava di fuggire?
    Ispirate a fatti realmente accaduti, le tragicomiche avventure di Bevvy sono la perfetta testimonianza di quanto la Via della Seta, ideale ponte di scambi tra Oriente e Occidente, sia ancora oggi una strada dove è più facile perdersi che arrivare.

    Recensione:
    "Ridatemi il milione: Cronache cinesi di un fallimento annunciato" di Andrea Pasquale è un romanzo a 3D: divertente, dissacrante e destabilizzante.
    Raccontato in prima persona dalla protagonista Bevvy, giovane e avvenente ragazza italiana capitata in Cina per una scommessa fatta in un momento di debolezza alcolica. Si dovrebbe applicare la dicitura "Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti non è da ritenersi puramente casuale" perché è una storia sapientemente romanzata ma basata su personaggi e vicende reali.
    Bevvy è ricca di spirito di iniziativa e autoironia, strumenti con cui affronta tutte le sue numerose peripezie ed è molto ben caratterizzata attraverso le sue stesse parole ed i dialoghi intimi con Genoveffa (il suo grillo parlante, l'istinto che la mette in guardia dal cacciarsi nei pasticci e che lei, naturalmente, ignora), è un personaggio a cui ci si affeziona subito; la incontriamo in una stazione di polizia dove, applicando il "metodo Jalisse", racconta con fiumi di parole gli avvenimenti che l'hanno portata, dopo aver aperto un risto-pub italiano, al furto di un camion carico di mobili e quindi all'arresto.
    E' una lettura veramente spassosa, ogni personaggio viene caratterizzato attraverso nomignoli che ne evidenziano le tipicità, e così abbiamo Sgrammongolo, amico mongolo che parla come un Minion, Comodino come il mobiletto che tutti sappiamo esserci ma non vediamo, Frankencin che deve il nome al suo aspetto che è quella di un Frankenstein cinese, e mi fermo qui perché già mi scappa da ridere.
    Ogni capitolo è introdotto dalla strofa di una canzone o da una citazione pertinente al contenuto del capitolo stesso, stratagemma interessante e accattivante: vi troverete spesso a canticchiare o a cercare su YouTube il brano.
    Simpatizzando con Bevvy scopriamo come noi Italiani veniamo visti dal cinese "medio" e viceversa.
    Anzi, direi che l'ironia dirompente della vicenda narrata crea delle crepe sul concetto tanto decantato dell'efficienza del sistema e della burocrazia con un'incisiva descrizione della Cina di oggi, un Paese che si apre al futuro nonostante le sue difficoltà e, pur rappresentando una meta preziosa per chi in Italia non riesce a trovare una dimensione lavorativa soddisfacente, non è propriamente il mito di El Dorado.
    Il romanzo, al primo livello di lettura, è senza dubbio leggero e davvero piacevole ma non manca l'ombra del disincanto e una vena di malinconica tristezza; io lo consiglio vivamente per trascorrere qualche ora tra un sorriso con un retrogusto in parte amaro e una grassa risata.
    (Luisa Debenedetti)

    Citazioni da questo libro:
    Era una sorta di esperimento perverso dei laboratori della periferia di Changsha, un Frankenstein cinese. Un... Frankencin."

    I burocrati italiani e cinesi messi assieme facevano rimpiangere la caccia alle streghe della sempre lungimirante Chiesa cattolica.

    Di solito i cinesi impegnati a colloquiare entrano in una sorta di bolla temporale in cui perdono la nozione dello scorrere dell'esistenza, per cui decido di intervenire.

    Erano sì in sette, ma non lavoravano mai contemporaneamente. Al turno di uno di loro, gli altri sei, come novelli 007 del mondo operaio cinese, si prendevano la Licenza di Uccidere il Tempo. Fumavano, dormivano, chiacchieravano, bevevano o giocavano con il cellulare.

    Ogni volta che io aspetto in una banca cinese, il tempo è talmente rallentato che potrei viaggiare nel passato. E non parliamo degli ospedali. Ho visto neonati in attesa di fare un vaccino uscire dalla clinica con la laurea specialistica.

    Pochi luoghi sono così nostalgici come le città asiatiche di notte, è come se il buio stendesse un velo di malinconia per contrapporsi al caotico delirio delle ore diurne.

    Da Pazzi è ufficialmente morto. Se n'è andato il mio milione, un generoso contributo all'economia cinese che ha incassato senza ringraziare. Io, di contro, non sono più la Regina degli Imbecilli.

    Sorrido perché alla fine della fiera non mi posso etichettare né come insegnante né come chef né come manager e perché sono ancora convinta che su una cosa Bellosguardo avesse ragione: sono una fallita. E' come dice Falqui, siamo i Rocco Siffredi del raschio del fondo del barile.

    Dello stesso autore:
    Il ragazzo che girava le viti sbagliate del mondo
    Le tribolazioni di un italiano in Cina



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