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Lettera alla sposa
di Licia Allara

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    Casa Editrice: Europa Edizioni - 115 pagine
    Disponibile in formato cartaceo e ebook




  • Genere: Narrativa

    Trama:
    Un matrimonio. Questa storia inizia con la grande attesa per il matrimonio dell'anno in un luogo incantato. Chi sono la sposa e lo sposo? Chi c'è davvero dietro alcuni dei volti che incontrerete alla cerimonia? Quali segreti, quali improbabili intrecci di vite? Il matrimonio: punto di arrivo, punto di partenza per una nuova vita? L'autrice vi condurrà al finale inaspettato attraverso una galleria di personaggi indimenticabili: alla fine vi sembrerà di conoscerli da sempre, benché non abbiano un nome; personaggi e luoghi senza nome perché c'è un senso più profondo e universale, c'è qualcosa che va oltre, tra le righe, e Licia Allara ha dimostrato un'abilità straordinaria nell'accompagnare il lettore ben al di là delle pagine del libro. "Questa storia racconta di piccoli e grandi segni, di piccole e grandi occasioni, colte e perdute", e al termine della lettura una domanda potrebbe assediarvi. Se lo farà, non ve ne libererete più. Quand'è che la vostra vita si è fermata? E come è ripartita?

    Recensione:
    "Lettera alla sposa" è un romanzo breve scritto da Licia Allara.
    In una piccola e non precisata città di provincia sta per celebrarsi il matrimonio dell'anno. L'autrice tesse abilmente un clima di attesa crescente, intarsiato dalle storie dei suoi protagonisti, che si interrompe bruscamente nell'ultimo capitolo e, come se si risvegliasse da un sogno, cambia anche il tempo della narrazione. Luoghi e personaggi sono delineati con cura, sono vivi perché bene o male ognuno di noi vi si riconosce e, anche se nessuno di essi ha un nome, saranno difficili da dimenticare.
    Raccontare di personaggi e luoghi senza nome è la strategia che la Allara usa per renderli portatori di un messaggio universale: infatti il romanzo, se pur breve, illustra un'epoca, mostra come spesso tutto sia diverso da cio' che sembra, come tutti siamo in fondo diversi da cio' che crediamo di essere.
    Come ho accennato in precedenza il clima è di attesa, ma non si tratta del classico romanzetto romantico, in cui il lieto fine prospettato fa cadere sui protagonisti una pioggia di petali o di stelle filanti dorate, no: è molto più profondo. Perché l'attesa può ucciderti, prendi una decisione poi improvvisamente il tuo mondo cambia e le conseguenze si spiegano, incontrollabilmente. Una cosa sola sembra chiara: in quel silenzioso momento di attesa devi solo evitare di prendere posizioni. Questo succede a tutti i personaggi, dimostrano di amare decisamente più i fatti e l'esteriorità delle idee e delle fantasie, per cui la realizzazione del desiderio è l'apice della realizzazione personale. Appaiono soddisfatti delle cose e dei fatti e ci abitano come in un bell'abito fatto su misura, né sembra si aspettino null'altro di particolare. Anche la sposa sembra essere così, ma sin da piccola possiede una gran capacità di fantasia ed immaginazione, si è costruita esperienza vivendo una vita immaginata parallela alla vita reale e quando arriva al punto in cui l'attesa supera di gran lunga l'effettiva esperienza, vede che la realtà non è all'altezza della sua rappresentazione.
    Non capita così? Da bambini e da adolescenti fa male... (la prima festa con gli amichetti... Il primo appuntamento e i fantastici preparativi... l'esame di maturità...).
    Poi da adulti ci si fa l'abitudine e si apprezza il fantastico volo pindarico a priori, ma ci si adatta all'effettivo valore del vissuto in sé anche se non è quasi mai come ci si era dipinto - perché è reale... e accettare e benvolere, se possibile, il dato di realtà diventa un valore cui aderire (anche un po' per necessità).
    Questo è tipico del tipo psicologico "Introverso con funzione prevalente di sentimento" come lo definirebbe Jung.
    Ma anche Giacomo Leopardi, nella sua vita tutta immaginata, intrappolato nel suo corpo inadatto a una vita vera, direbbe lo stesso ("Il sabato del villaggio" è meglio della sospirata domenica) ed anche (prosaicamente) Piero Pelù ("...L'amore immaginato ... E' quello vero...!").
    L'autrice vuole farci riflettere, guardare alla nostra vita con occhi nuovi, ci vuole portare a viverla con la consapevolezza che siamo il Minotauro e Dedalo. L'uno è il nostro vero io, quello che sappiamo vivere dentro di noi e rifiutiamo di incontrare nonostante sia la nostra valvola di sfogo, l'altro è la nostra mente che costruisce dei muri che spesso ci imprigionano. E noi viviamo in queste stanze che si susseguono che a volte ci piacciono, a volte no e continuiamo a costruirne per fuggire da noi, dal Minotauro.
    Incontrarci fa paura, ma dobbiamo avere più paura dei muri, non ci proteggono: ci annullano.
    Abbattiamo dunque i muri, questo è il messaggio che Allara ci trasmette attraverso una narrazione particolare, uno stile molto personale e una musicalità "invadente".
    Un ottimo lavoro di psicologia di sentimenti, emozioni, progetti analizzati dall'interno in cammino verso la necessità di progettare un futuro di emancipazione dagli schemi, dai muri, per vivere veramente se stessi. E infine la lettera che riavvolge il nastro e contemporaneamente lo svolge.
    (Luisa Debenedetti)

    Della stessa autrice:
    Il respiro della formica
    In nome del figlio



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