Casa Editrice: Iperborea - 483 pagine
Disponibile in formato cartaceo
Genere: Storia
Trama:
Il 25 maggio 1928 il dirigibile Italia, tornando da una spedizione al Polo Nord, si schianta sulla banchisa a nord delle isole Svalbard. Il generale Umberto Nobile e gli altri otto sopravvissuti, malati, affamati e sull'orlo della follia, resistono quasi cinquanta giorni in un deserto di ghiaccio, chi aspettando i soccorsi, chi tentando una marcia disperata verso la terraferma. Per salvarli, ma anche per difendere interessi politici e territoriali, si mobilitano Italia, Norvegia, Svezia, Finlandia, Francia e Unione Sovietica, dando inizio a una complessa e spettacolare operazione di soccorso seguita da reporter e cineoperatori di tutto il mondo. Il 18 giugno, a bordo di un idrovolante francese, parte anche il grande eroe polare norvegese Roald Amundsen. Con Nobile, nel 1926, aveva compiuto il primo sorvolo del Polo Nord a bordo del dirigibile Norge. Tra loro era esploso subito uno scontro di personalità e di potere, lasciando poi strascichi di offese reciproche. Eppure Amundsen è impaziente di volare a salvare il rivale, forse anche per il timore di essere stato messo in ombra dalle esplorazioni dei tempi nuovi, ormai in mano agli eroi dell'aria. Ma il Latham 47, che è solo un prototipo mai collaudato, una volta partito scompare per sempre. Amundsen si rendeva conto del rischio che correva? E cos'è successo all'aereo e al suo equipaggio? Monica Kristensen mette in campo le sue competenze scientifiche e la sua esperienza di narratrice per ricostruire la vicenda con commossa accuratezza, arrivando, ragionamento dopo ragionamento, ad avanzare una sua originale interpretazione. E ci regala il ritratto di un grande eroe al tramonto.
Recensione: "L'ultimo viaggio di Amundsen" di Monica Kristensen ci presenta una ricostruzione dell'ultimo viaggio di Roald Amundsen, il grande esploratore polare la cui scomparsa è tutt'ora un'incognita. Cosa è successo a Roald Amundsen? Da 90 anni sono state ipotizzate molte teorie, si è molto scritto sulla sua biografia, su aerei, navi, equipaggiamenti, spedizioni e sul gioco politico di molte nazioni che ha attraversato l'estate del 1928.
Monica Kristensen scrive una storia gloriosa, eccitante come un buon thriller, dove incontriamo Roald Amundsen "vecchio" (a proposito, non era molto vecchio, aveva solo 56 anni), stanco e insultato, introverso e sull'orlo della rovina finanziaria, che dapprima viene coinvolto e poi estromesso, nell'operazione norvegese della ricerca e soccorso di Umberto Nobile, scomparso sulla via del ritorno dal Polo Nord.
Infatti, il punto di partenza di questa storia è l'azione di salvataggio dopo che l'esploratore polare italiano Umberto Nobile e il suo equipaggio a bordo del dirigibile "Italia", erano scomparsi nel maggio 1928. Il dirigibile raggiunse il Polo Nord e si schiantò sul ghiaccio quando erano di ritorno a Svalbard. Sei uomini scomparvero con il "pallone" e non furono mai trovati. Dei dieci presenti in "gondola" (la fusoliera), nove sopravvissero al ghiaccio, alcuni erano gravemente feriti, ma avevano accesso a un po' di cibo, una piccola tenda e una radio: questo fu loro motivo di conforto e speranza. Ci sarebbero voluti 48 giorni prima che tutti i sopravvissuti venissero soccorsi. Poi il gruppo fu diviso, un partecipante alla missione morì e altri furono trovati in una condizione fisicamente e mentalmente miserabile. Nel frattempo, il presuntuoso Roald Amundsen e il suo equipaggio si lanciarono in un'epica operazione di salvataggio sull'idrovolante francese Latham-47 e, dopo poche ore dalla partenza, furono dichiarati dispersi.
Monica Kristensen, basandosi su registrazioni, materiale d'archivio, nuove ricerche e conoscenze della personalità di Amundsen, interpreta il tutto con conoscenza, impegno ed empatia. Il libro è drammatico ed emozionante come se fosse un thriller del crimine anche se si "sa come va a finire": Roald Amundsen, Leif Dietrichson e quattro francesi non tornarono mai. I morti e la fusoliera del Latham non furono mai trovati, ma i detriti furono trovati a nord-ovest di Bjørnøya - ma anche a sud come a Haltenbanken. Su alcune parti del relitto, furono rilevati tentativi di riparazione. Inoltre furono ritrovate tracce di una tenda e resti di provviste italiane e norvegesi. Amundsen poteva essere riuscito nell'impresa? E inizialmente a salvarsi?
La scomparsa della spedizione è tutt'ora uno dei grandi misteri della storia polare.
E' piacevole leggere un testo scritto con conoscenza e dedizione, con la spinta e quasi la struttura del cronista, ma dove sono le fonti storicamente provate? L'autrice avrebbe dovuto evidenziare più chiaramente quali fonti ha usato in quanto quelle presenti hanno un peso piuttosto modesto dal punto di vista storico e internazionale.
Monica Kristensen scrive un'ode al grande esploratore polare Amundsen, che ha dedicato la sua vita a queste suggestive regioni ghiacciate. Fu celebrato per i suoi successi, amò la sfida nonostante la sua natura prudente, informò il pubblico dei suoi risultati e pose fine, conscio che questo sarebbe stato il suo ultimo viaggio, alla sua vita nel ghiaccio eterno.
Il ritratto che ci viene proposto è quello di un uomo malato, oltre che nel corpo, nell'anima, che si accomiata con nostalgia dai pochi amici, come dimostra il dono del suo inseparabile accendino al vecchio amico Zapffe, motivando che non gli sarebbe servito più. E' come se avesse voluto celebrare la fine dell'epoca delle esplorazioni polari, e contemporaneamente anelasse la propria fine tra braccia dei ghiacci eterni. L'autrice ha familiarità con la materia che tratta, in quanto è un'esploratrice polare e racconta dettagliatamente gli eventi della spedizione italiana precedente e l'operazione di salvataggio su larga scala con uno stile narrativo piuttosto fattuale, informativo e dotato di molti dettagli tecnici, pratici e geografici, che appesantiscono un po' la lettura ma, contemporaneamente, sono questi dettagli a rendere il libro così completo. E' un libro emozionante che si legge come se fosse il racconto di un testimone oculare, porta il lettore nel bel mezzo di una mentalità di avventura esplorativa che consente di viaggiare in luoghi sconosciuti, pericolosi e inospitali che la stessa Kristensen ha sperimentato e racconta in un modo quasi tangibile per il lettore.
Interessanti le foto dell'epoca, peccato che il formato del libro, apprezzabile per la maneggevolezza, non ne consenta una chiara visione.
In conclusione, una lettura consigliata a chi ama i documentari di uomini che inseguono i loro sogni, rischiano la vita e soffrono per realizzarli, trovo questa frase di Gustave Flaubert adatta a rappresentarli. "Non ci sono mai stati dei grand'uomini vivi. E' la posterità che li crea." (Luisa Debenedetti)