Casa Editrice: UTET - 250 pagine
Disponibile in formato cartaceo e ebook
Genere: Storia
Trama:
"Se per il resto del mondo l'Abissinia era soltanto una curiosità enigmistica", scrive Arrigo Petacco, "per gli italiani aveva una collocazione di rilievo nell'immaginario collettivo. Tutti sapevano come e dove trovarla sulla carta geografica, e bastava nominarla per evocare luoghi fiabeschi, sentimenti intrisi di malinconia e desideri inespressi." Anche per questo motivo, nei primi mesi del 1935, moltissimi giovani accolsero con entusiasmo la mobilitazione delle nostre forze armate per la guerra contro l'ultimo stato africano indipendente, che nessuno chiamava ancora Etiopia: in 50000 si arruolarono volontari. I nomi esotici di Asmara, Macallé, Addis Abeba promettevano un futuro avventuroso, e la radio, i giornali, i cinema, perfino i pacchetti di sigarette traboccavano di messaggi di propaganda. Faccetta nera, canzone popolare divenuta involontariamente inno di regime, è la colonna sonora di un'epoca: una marcetta che canta il colonialismo come liberazione di popoli schiavi e allude all'unione tra italiani e abissine, in un misto di goliardia e ingenuo paternalismo che ben presto lasciò il posto al razzismo scientifico e alla brutalità della guerra. Eppure, la storia dell'illusione coloniale italiana non coincide e non comincia con il fascismo: matura molto prima, nei progetti della neonata Italia unita, che rivendica il suo "posto al sole" al pari delle altre nazioni europee. E' una storia contraddittoria e ricca di suggestioni. Petacco ce la racconta per intero, dalle prime manovre strategiche negli anni ottanta dell'Ottocento alla resa finale di Amedeo d'Aosta nel novembre 1941. Nel suo racconto ritroviamo gli episodi e i personaggi cruciali: l'incidente di Dogali e la disfatta di Adua; il negus vincitore, Menelik, e lo sconfitto Hailé Selassié; i viceré Badoglio e Graziani. Respiriamo l'atmosfera dei luoghi, tra le rocce dell'Amba Alagi e le sabbie dell'Amba Aradam; vediamo sfilare gli ascari e i dubat cammellati, con i loro turbanti bianchi; sentiamo il ronzio dei cacciabombardieri. Ma soprattutto abbiamo modo di capire meglio ambizioni e speranze di quegli italiani, di ogni provenienza o estrazione sociale, che misero le proprie vite al servizio del nostro effimero sogno coloniale, l'Africa orientale italiana, l'impero più breve di sempre.
Recensione:
In "Faccetta Nera" Arrigo Petacco ci racconta la storia del colonialismo italiano in Abissinia, dai primi tentativi della compagnia Rubattino alla Seconda Guerra Mondiale, e lo fa mantendo il distacco dello storico, lontano dalla retorica di destra o di sinistra che spesso hanno annebbiato i racconti di quelle vicende. Il tutto viene condito dalla descrizione, talvolta folkloristica, sia delle truppe italiane che degli abitanti di Etiopia ed Eritrea, e dalla narrazione di eventi specifici che pur sembrando sciocchezze potrebbero aver influenzato la storia, come la rovinosa caduta di Sir Samuel Hoare sulle nevi svizzere che gli impedì di contrastare Anthony Eden al parlamento inglese, o lo scivolone dello stesso Eden di fronte al Duce nella Sala del Mappamondo a Venezia che contribuì ad alimentare l'avversità tra Mussolini ed Eden.
La grande abilità di Petacco è proprio quella di trasformare la storia, che spesso ci viene raccontata come un arido elenco di fatti, in qualcosa fatto di persone reali, con le loro forze e debolezze, le loro avversioni personali, i loro interessi, di farci immergere negli eventi come se li stessimo vivendo in prima persona e di ricordarci cose della nostra storia che probabilmente non abbiamo mai sentito.
Personaggi storici come la crudele regina Taitù che faceva tagliare una mano ed un piede agli Ascari alleati degli italiani in modo che non potessero più combattere, come il sanguinario generale Graziani o come l'indeciso Hailé Selassié sempre vissuto nell'ombra dei suoi predecessori, prendono vita in queste pagine, insieme all'operato delle grandi nazioni coloniali, Francia e Gran Bretagna.
Un libro consigliato a chiunque voglia capire meglio quegli eventi, ma anche l'Italia della Guerra e del dopoguerra, e per molti versi l'Italia di oggi.
(Renato Marelli)
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