Casa Editrice: Paguro - 168 pagine
Formati disponibili: cartaceo
Genere: Amicizia
Trama:
Leonardo e Zenzero hanno caratteri diversi e si scontrano e pur s'intendono sugli stessi temi. La loro è un'amicizia consolidata sin dai primi anni della scuola, tanto che insieme si lasciano sedurre con passione dagli ideali politici degli anni '70 e sognano di cambiare il mondo. Si affacciano alla vita adulta nel pieno della contestazione giovanile e delle rivolte studentesche. Vivono a Firenze insieme con le rispettive compagne, e spinti da motivi diversi partono per una vendemmia nel sud della Francia. Si troveranno così a vivere una serie di spiacevoli vicissitudini che li porterà a dividersi. Nei primi anni duemila Leonardo tornerà in Francia per lavoro, e sarà l'occasione per recuperare alcuni scritti che l'amico Zenzero ha voluto lasciargli, e che nel frattempo è venuto a mancare in carcere in spiacevoli circostanze. Avrà così modo di scoprire che, oltre di un ultimo pensiero, il vecchio amico ha voluto fargli dono di alcuni spunti d'introspezione per un ritrovato percorso di riscatto morale. Sarà per lui un'opportunità per riflettere sul passato e capire meglio sé stesso, con rinnovamento personale e nuove prospettive.
Recensione: "La sventurata vendemmia del '77" di Rudi Caramarque è la storia di un'amicizia lunga una vita, la storia di Leonardo e Manfredi (Zenzero). Come in una bella canzone di De Gregori: "La leva calcistica della classe '68" in cui si esorta il protagonista a non aver paura di tirare un calcio di rigore, in questo libro di rigori non se ne tirano, ma di paura se ne parla. La paura di sapere, la paura di scegliere, la paura di amare, la paura di diventare grandi, la paura di morire, la paura di credere in qualcosa più grande di noi o semplicemente di essere dalla parte giusta.
Il romanzo, ambientato su due piani temporali, il 2002 e il 1977, è di quelli che "rimangono dentro" perché ognuno di noi è turbato da qualcosa accaduto nel proprio passato e ne porta con sé gli strascichi.
La storia è narrata in prima persona da Leonardo che, mentre si appresta a recarsi in Francia per lavoro, riceve la notizia della morte, in un carcere francese, dell'amico di un tempo che da più di vent'anni credeva di aver cancellato dalla sua vita, e si ritrova a ricordarne la sensibilità speciale e tormentata, la vita sempre oscillante tra la luce del riscatto e il baratro dell'autodistruzione. Intorno al passato di Leonardo, invece, c'è la lotta per conquistarsi un futuro, si plasmano campi di forze e tensioni, lealtà e tradimenti, sogni e disperazione. E la storia della loro amicizia, apparentemente troncata durante la vendemmia del '77 in Francia, diventa una disamina, dolorosa e perturbante, della debolezza umana che può essere crudele e del potere taumaturgico dell'amicizia. Come accade di rado, da un'inconsueta immaginazione narrativa si è distillato un oggetto singolare: un romanzo capace di creare un mondo di profonda, coinvolgente umanità.
Il protagonista, attraverso la sua esperienza, ci dà una mano a capire che esistono le seconde possibilità, ma anche le terze e le quarte, perché la vita risulta essere imprevedibile ma anche beffarda.
Il romanzo sembra proprio avere come asse portante il cambiare vita, il lasciarsi alle spalle quanto di grigio si è accumulato e trovare nel perdono e nella comprensione una nuova via, complici le coincidenze, senza lasciarsi andare al flusso del destino, ma afferrando saldamente i fili della propria vita, trovando dentro di sé la forza e la determinazione per imporre un percorso nuovo all'esistenza.
Caramarque racconta con mano sicura, usa un linguaggio semplice ed efficace, i personaggi sono ben costruiti e le loro psicologie tratteggiate in modo naturale, e la naturalezza è un po' il tratto dominante della narrazione. L'intreccio della vicenda è preciso e al termine della lettura ogni tassello giunge al suo posto, senza sbavature.
Un qualunque, ulteriore, accenno alla trama temo possa impoverire il gusto di chi leggerà il libro, e mi rendo conto che il voler sintetizzare il romanzo lo renda inevitabilmente banale. Mi sembra arduo riprodurre quell'atmosfera che sovrasta il romanzo, ricostruire in poche righe, i tormenti di un'anima, le sue peregrinazioni, l'amicizia che lega di legami, invisibili ma tenaci, le vite delle persone, l'amore che diventa morboso, la rabbia/delusione che nasconde altro, il rimpianto, la perdita. Sono questi alcuni degli elementi che l'Autore impiega nel suo romanzo, ma il lettore ha costantemente l'impressione che dietro le parole, o gli accadimenti, vi sia qualcos'altro, che sfugge, che si paleserà più avanti, oppure che già c'era ma è sfuggito. Nulla di tutto ciò, il romanzo è assolutamente liquido, cambia di forma secondo il punto in cui si trova la vicenda; per proseguire il paragone, viene raccolta in diversi contenitori e ne assume la forma ma senza cambiare di sostanza, la narrazione viene portata avanti cambiando il punto di osservazione, arricchendosi di ciò che non è in primo piano in quel momento, espandendosi lungo il corso del tempo, attraversa cambiamenti sociali, sia epocali, votati a prendere il nome di Storia, sia quelli personali e intimi destinati a svanire, ma che danno il loro contributo ai cambiamenti delle epoche e della società.
La moralità sembra apparire come uno dei cardini dell'opera, ma anch'essa non sfugge all'ellitticità del romanzo. Qual è la morale da applicare? Quella che fa confessare un fatto atroce o quella che scava un animo dal di dentro e lo fa capace di pensieri vendicativi? La verità è quella sotto gli occhi di tutti o si nasconde altrove? Oppure, ancora, la si può ricreare, attraverso artifici o facendola apparire tale solo perché sapientemente inventata? E ancora, come una persona cupa nell'animo può legarne a sé una pura, forse nel modo in cui vittima e carnefice esistono l'una in funzione dell'altro, quasi un rapporto simbiotico tra creatore e creato, tra colui che schiude un mondo e l'altro che ne resta affascinato sebbene ne voglia fuggire.
Queste alcune delle impressioni di lettura di un'opera immediata e profonda in cui le esistenze ed il racconto di esse si intrecciano e che mi sento di consigliarne la lettura.
(Luisa Debenedetti)
Citazioni da questo libro:
"Il destino, quando ci mette di fronte a nuove strade, ci fa vedere solo l'inizio, ma non ciò che viene dopo. Forse è proprio questo il bello della vita: scoprire ogni giorno dove ti porta la tua strada, contorta o dritta che sia."
"Ho paura. Ho paura di come saremo domani. Ho paura del tempo che passa, che poi credo che sia un po' la paura di morire."
"Poi incrociai lo sguardo di Francesca, mi tornò alla mente il pensiero che stavamo per avere un figlio, e mi domandai se fosse corretto fargli trovare un mondo così ingiusto da essere incomprensibile. Compresi allora che dovevo trovare la fiducia in me stesso, per avere le forze di andare incontro al futuro."
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