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Il Barone e il viaggiatore
e altri studi su Italo Calvino

di Marina Paino

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    Casa Editrice: Marsilio - 199 pagine
    Disponibile in formato cartaceo e ebook




  • Genere: Saggi

    Trama:
    La spiccata vocazione di Calvino per la riflessione rivolta al fenomeno letterario nella sua interezza e complessità ha senza dubbio indirizzato a posteriori l'accostamento alla sua opera, dando tendenzialmente luogo a un preponderante interesse critico per il Calvino che riflette sul narrare rispetto a quello per il Calvino che narra. Eppure a quest'ultimo vale la pena ritornare, per riscoprirne il gusto, la voglia, il piacere del racconto come spinta originaria da cui tutto prende avvio. In tal senso le pagine di questo libro trovano i propri fuochi di approfondimento nei romanzi più lunghi e fortunati dello scrittore, "Il barone rampante" e "Se una notte d'inverno un viaggiatore," e puntano l'attenzione, attraverso letture mirate, sulla dimensione più propriamente "romanzesca" dell'autore, quella di narratore di storie accattivanti, assai spesso messa in ombra da approcci prevalentemente teorici alla sua scrittura.

    Recensione:
    "Il Barone e il Viaggiatore (e altri studi su Italo Calvino)" di Marina Paino, è una raccolta di saggi in cui l'Autrice analizza Calvino con una chirurgica precisione accademica, partendo dai due romanzi citati nel titolo: "Il Barone Rampante" e "Se una notte d'inverno un viaggiatore". I due romanzi sono fra i più amati e conosciuti dal pubblico (io ci aggiungerei "Marcovaldo" ma sono convinta che meriti un discorso a sé) e, pur se distanti tra di loro quanto ad anno di nascita (1957 e 1979), genere, tematica e struttura narrativa, sono quelli che forse più di altri ci restituiscono la figura dell'uomo Italo Calvino attraverso celati cenni autobiografici e ci danno contezza di quanto per lui fosse forte il legame tra letteratura e vita.
    Quello che Marina Paino ci presenta è il ritratto, nel senso più ampio del termine, di Calvino che invita e insegna a pensare, forse per quel suo abituale rapporto con la scienza (dato il mestiere dei genitori), da cui scaturiva la straordinaria capacità di descrivere la realtà oggettivamente, come uno scienziato, per poi rapportarcisi come uno scrittore, senza mai rinunciare alla dimensione umana, interiore, etica. Calvino chiama a fare, ad agire, a parlare, a sentirsi vivi, lascia il segno, perché è esattamente questo quello a cui ha puntato: lasciare una traccia.
    Dalla lettura di questo saggio, emerge, soprattutto nella parte dedicata al Barone, l'antiantropocentrismo pregnante di Calvino che lo porta a considerare la natura nel suo insieme, a constatare con amaro raccapriccio quanto il suo continuo e inarrestabile deterioramento chiaro, sia attuale e concreto come la scrittura di Calvino. Ma c'è anche l'invito, il dovere, di esprimersi, di tirare fuori quello che si ha dentro. Anche le scorie.
    Nel saggio dedicato al Viaggiatore, Marina Paino si sofferma sulla metamorfosi di un'opera che è in continuo divenire, che pare compiersi all'atto della lettura, che parla di se stesso e di tutto ciò che il lettore apprezza: non ha trama o meglio ne ha una molto complessa, non ha personaggi ma ne pullula, non ha un finale ma è tutto proteso verso di esso ed echeggia di bellissimi incipit.
    Paino ci aiuta a contemplare la rete invisibile che lega autore, ispirazione, atto dello scrivere, atto del leggere, passando attraverso i meccanismi della scrittura, la postura del lettore, le sue aspettative, la sua identità. Ci vengono chiariti gli aspetti calviniani di sociologia della letteratura, semiologia, critica letteraria fino ad arrivare alla negazione dell'autore che dà la sensazione di aver effettuato un gioco di prestigio facendo scaturire dal cilindro il puro processo creativo.
    Molto interessante l'appendice di tre brevi saggi in cui Marina Paino smentisce l'immagine vulgata del Calvino "borghese pantofolaio" ritiratosi a vita privata, dell'intellettuale dedito a rocamboleschi virtuosismi linguistico-letterari scimmiottante l'"Opificio di letteratura potenziale d'oltralpe", o la semiologia, o i labirinti di Borges, perché questo non risponde a quanto Calvino effettivamente era. Nel bel mezzo del suo 'ripiegamento su se stesso', Calvino diventa Palomar che dal suo Osservatorio attinge dall'attualità, dalle pagine dei quotidiani, per trarre materiale narrativo: muovendo contemporaneamente una doppia tastiera, quella del commento alla realtà da cui trapela certo il suo pessimismo, e quella dell'evasività e dell'invenzione, Calvino miscela e combina in questo modo l'attualità alla letteratura, dando vita alla forma di scrittura del "racconto-saggio'". Di qui, credo, la difficoltà di molta critica, non solo coeva, a decifrarlo senza codificarlo come l'intellettuale che batte in ritirata nel suo privato, perciò è stato a lungo un Calvino 'dimezzato': da una parte gli scritti sulla vita quotidiana, destinati a scomparire dalla memoria, dall'altra lo scrittore semiologo. In questo doppio livello della sua produzione, Palomar, che avrebbe potuto suggerire una chiave di lettura diversa e più corretta, è stato accantonato come libro minore (pochissimi i casi di lettori più attenti). Ma Palomar era la spia dell'importanza del "racconto-saggio", il ponte tra gli articoli socio-politici e i volumi letterari più ardui. Inoltre, in Palomar non c'è tutto il materiale elaborato "quotidianamente", le cui scorie finiscono dentro la letteratura che mostrano come in Calvino ci sia una materia incandescente lavorata su tavoli diversi, per cui si deve rintracciare la contiguità fra testi che appaiono invece lontanissimi. In passato tutto ciò è parso frutto di stravaganza o di cerebralismo, ma oggi non appare più tale. O meglio, non dovrebbe apparire più tale.
    Dell'attualità Calvino si è servito anche per denunciare l'ottusa vacuità di una buona parte delle istituzioni politiche, allora come ora tutte eccessivamente tese a una meccanica burocratizzazione senza badare alla sostanza delle cose, a prenderne atto per poi conseguentemente fare. Calvino è scrittore animato da un'ideologia del fare, la stessa che lui attribuiva a Pavese, fermamente convinto dell'utilità collettiva e della dignità del lavoro. Da un punto di vista trovo uno degli aspetti ancor oggi più attuali di Calvino. Attuali, certo, per chi un'etica del lavoro, oggi, ancora ce l'ha.
    In conclusione, l'opera di Marina Paino, pur nella sua complessità di lettura, è estremamente utile per comprendere un personaggio spesso controverso o conosciuto solo superficialmente. Quest'opera apre le porte al mondo di Calvino a chi è intenzionato a "tirarsi su le maniche" e lavorare su una figura geniale della nostra letteratura contemporanea.
    (Luisa Debenedetti)



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