Casa Editrice: Alcheringa - 182 pagine
Formati disponibili: cartaceo
Genere: Narrativa
Trama:
Otto storie di gente semplice, ambientate nel 1972 in un palazzo di Milano. Vicende che sono in qualche modo collegate tra loro, personaggi che vivono la loro storia ma interagiscono con gli altri condomini. Sullo sfondo gli avvenimenti politici e sociali successivi alle proteste del '68. I temi sono quelli di sempre, tradimento, malattia, scarsità di mezzi, stigma sociale, frustrazioni nei rapporti umani: argomenti attuali oggi come allora, trattati in modo ora più lieve, ora più amaro.
Recensione:
"Storie ordinarie di un condominio milanese" è una raccolta di racconti con cui Maria Luisa Miscioscia ci conduce in un affascinante viaggio alla scoperta di una Milano (e di un'Italia) "minima", fatta di accadimenti, passioni, piccole rivoluzioni personali dei vari protagonisti che popolano un condominio milanese.
I racconti si incardinano in un'epoca in cui tutto era in bianco e nero, la televisione, i giornali, la moda, le città: gli anni settanta, anni in cui vi era la quotidiana sensazione di essere o testimoni di meraviglie o ad un passo dall'apocalisse - la terza guerra mondiale, pronta ad esplodere da un momento all'altro o la fine improvvisa del petrolio o l'arrivo dei marziani vestiti da Rockets - paure serie e ben fondate, parola di chi allora era ragazza. All'epoca c'erano terroristi seri: i brigatisti, i palestinesi, i molucchesi, che avevano un nome da Star Trek e non si capiva perché ce l'avessero con noi.
Negli anni settanta la famiglia media italiana era definitivamente uscita dalla povertà ma non aveva ancora raggiunto gli attuali ed insostenibili livelli di consumo. Se non sobria per volontà, lo era per mancanza di possibilità; in questo quadro generale si svolgono i fatti narrati che non portano a sconvolgimenti sociali, sono vissuti nell'intimo delle case, e spesso vissuti con tensione nel segreto delle coscienze, perché a volte si tratta di fatti che da sempre si ritengono innominabili, che avvengono nell'intimità o nella penombra silenziosa del salotto di casa.
I racconti sono al contempo minimali e dall'ampio respiro, in poche battute, con lo sguardo su di un semplice personaggio, riescono a dare corpo e voce a milioni di persone, a moltitudini di situazioni, evocati alla mente del lettore dalla suadente voce narrativa dell'Autrice. La scrittura è precisa e garbata, talvolta indulge sui dettagli e, pur nella bellezza della costruzione, sembra però compiacersi un po' troppo nel dare ad ogni oggetto il suo preciso nome, dando la sensazione di tamburellare, spezzettando il ritmo, mentre il racconto va avanti. Tuttavia la bellezza - e la levità - con cui procede la narrazione sprona senz'altro il lettore a continuare nella lettura, perseveranza che viene premiata nello scorrere dei racconti, dotati di una forza e di una "densità" davvero notevoli. Il libro è, oserei dire, ammaliante, scritto con maestria dall'Autrice che dimostra, oltre ad una sensibilità rara ed una notevole verve, anche una raffinata cultura e una conoscenza seria del mondo letterario.
Questo è un libro veramente piacevole, preciso, sotto tutti i punti di vista, preciso nelle dimensioni e nella forma, la lunghezza dei racconti è praticamente perfetta, così come ben dosate sono le descrizioni sia dell'ambientazione che della psicologia dei personaggi, e così pure il numero dei racconti è, a mio parere, esatto, non uno di più non uno di meno a far sì che la raccolta giunga a ciò che il titolo prefigge.
In conclusione, rischiando la ripetizione, direi che siamo di fronte ad una bella raccolta di racconti, raffinata e ben scritta, che accompagna il lettore in un viaggio tra i chiaroscuri di un'umanità davvero affascinate nel suo essere "ordinaria" e ritmica per cui ogni giorno, sebbene appaia banale, ha dentro una luce che illumina il buio. Anche se poi questa luce si spegne. Perché la vita è una stanza in più di cui non sai che fare, un'azione ripetitiva senza conseguenze, un film che rivedi ancora e ancora e nessuno sa perché, l'illusione di saper fare qualcosa e l'amara constatazione della tua mediocrità, un dolore che gli altri giudicano superabile, uno sciacquone che rimette in ordine i tuoi cocci come una cascata zen, un barattolo di popcorn al cinema da cui non puoi attingere.
(Luisa Debenedetti)
Citazioni da questo libro:
Maurizio scattò in piedi. "La famiglia! E ora tirerai fuori anche la patria. E l'onore! Papà svegliati, siamo negli anni Settanta. Noi giovani non ne possiamo più delle vostre ipocrisie, e sicuramente siamo di gran lunga più sinceri, più leali rispetto alla vostra generazione che ammuffisce nelle falsità e nei pregiudizi."
Restò in silenzio per cinque minuti buoni, continuando ad accarezzare la gatta. Poi affermò decisa: "Sai che ti dico? Vadano tutti a quel paese. Proprio tutti, compreso quel santone da strapazzo del signor Gregorio."
[...]
Fissò con attenzione Micina che svuotava il piatto e poi lo leccava con convinzione.
"Che gusto se adesso ti vedesse mia nuora…" mormorò lei, con una punta di perfida soddisfazione."
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