Casa Editrice: Chiarelettere - 240 pagine
Formati disponibili: cartaceo e ebook
Genere: Informazione
Trama:
La confessione inedita della figlia del boss che ha fatto scoprire il covo di Provenzano ed è stato poi abbandonato dalle istituzioni. Una testimonianza toccante che accende di nuovo i riflettori su una verità che imbarazza, tuttora oggetto del processo sulla trattativa Stato-mafia "Molti attentati addebitati e commessi da Cosa nostra sono stati commissionati dallo Stato... Vedrà, comandante, quante ce ne faranno passare." Luigi Ilardo a Michele Riccio, colonnello dei carabinieri, prima di essere ucciso "Hanno ucciso e seppellito lui, ma non noi e soprattutto non me... So che la mia liberazione avverrà quando emergerà la verità della storia, più grande di lui, nella quale mio padre si è trovato coinvolto."
Questa volta a parlare è la figlia, nata nel 1980. Quando suo padre, Luigi Ilardo, morì, aveva appena sedici anni. Fu lei a scendere in strada e a raccoglierlo tra le sue braccia la sera del 10 maggio 1996, poco prima che scattasse il piano di protezione a tutela sua e dei famigliari. Il racconto di Luana ci commuove. Oltre a denunciare la drammaticità della morte del padre, ci fa entrare dentro la mentalità e la vita quotidiana di una famiglia mafiosa, imparentata con i Madonia e a contatto con tutti i più importanti boss, compreso Provenzano. La sua testimonianza, raccolta e narrata da Anna Vinci, è puntuale e avvincente proprio perché esprime l'amore di una figlia che a poco a poco si rende conto di quanto la sua vita sia stravolta, prima dalla carcerazione del padre, poi dalle continue fughe, sparizioni, paure. E' incredibile come la grande storia di questo paese passi da qui, attraverso questa vicenda famigliare che ci è restituita in tutta la sua concretezza. In appendice alcune dichiarazioni e lettere private di Ilardo e i documenti della sua collaborazione, oltre a un dialogo tra la scrittrice e Giorgio Bongiovanni, direttore di "Antimafia Duemila". Luigi Ilardo: per la mafia un "traditore", per lo Stato un informatore che ha rilasciato per anni "dichiarazioni spontanee" nell'ambito di quello che le forze dell'ordine definiscono "un rapporto confidenziale". Dopo undici anni di dura detenzione e rari permessi, Ilardo decide di cominciare un percorso di collaborazione, e di "redenzione", come nessuno mai aveva ancora fatto. Sarà lui a portare i carabinieri a scoprire il covo di Provenzano, che sarà arrestato solo molto tempo dopo. Perché? Una fuga di notizie dalla Procura di Caltanissetta, come attestano le indagini giudiziarie, sarà la causa della sua morte, avvenuta il 10 maggio 1996.
Prefazione di Michele Riccio.
Recensione:
"Omicidio di stato" di Anna Vinci è un libro diretto come un pugno allo stomaco. In poche pagine affronta una miriade di temi come la condizione della donna in Sicilia (ma non solo), la pressione sociale sugli uomini ed i loro doveri, l'amore di un padre per le figlie, la Mafia, la collusione tra essa e lo Stato, ed infine lo Stato profondo, non quello che vediamo, ma quello che comanda davvero. Tutto questo viene sviluppato con la semplicità e la schiettezza di una bambina che cresce e diventa adolescente, senza filtri e comandata solo dalle proprie emozioni.
La scelta del racconto diretto da parte di Luana Ilardo, figlia di Luigi Ilardo, mafioso, ucciso dopo aver iniziato a collaborare con i Carabinieri, è perfetta perché elimina tutte le sovrastrutture e la retorica tipiche della solite narrazioni sulla mafia, raccontando i fatti per quello che sono stati, a volte con l'ingenuità dei bambini, ma con una maggiore comprensione dell'accaduto mano a mano che la vicenda si sviluppa.
Nel libro passano i nomi di tante persone che abbiamo sentito nominare nei telegiornali: Provenzano, Caselli, Falcone, Borsellino, Mori, Di Matteo, Riccio, Dell'Utri, Cancemi, Madonia, che però in queste pagine prendono vita e vengono calati nella realtà delle posizioni che occupavano, nelle azioni che hanno compiuto e nelle funzioni che svolgevano. Il protagonista della storia, Luigi Ilardo, pur avendo un ruolo centrale in molte vicende, non è mai stato un protagonista delle cronache giornalistiche, o perlomeno non abbastanza da ricordarcelo, e questo fa molto riflettere anche sul modo in cui le notizie ci vengono presentate; sul perché Provenzano non venne arrestato quando si poteva farlo ma solo dieci anni dopo, quando probabilmente non serviva più; sul perché Ilardo venne tradito dallo Stato a cui si era affidato e lasciato uccidere senza particolari rimorsi; su come la Mafia agisca a volte come la lunga mano di uno Stato profondo ed invisibile.
Ma al di là delle vicende notoriamente conosciute, "Omicidio di Stato" è anche la storia di una donna che cresce nella Sicilia del padre, soggetta a tutto quello che ci si aspetta da una donna della Mafia, dove ogni deviazione può significare sofferenza per lei e quelli che ha intorno, ed allo stesso tempo la storia di un mafioso costretto dalla sua stessa appartenenza a comportarsi in un certo modo o a subirne le conseguenze. Un libro che affonda nella realtà come una spada, senza pietà per nessuno, senza nascondere nulla, ma allo stesso tempo senza giudizi, verista come se fosse stato raccontato dal loro conterraneo Verga.
La parte finale del libro, con la requisitoria di Di Matteo, il rapporto Grande Oriente, e alcune lettere di Ilardo e della figlia, dà un taglio più storico alla vicenda, presentando delle fonti reali e precise che contestualizzano meglio il racconto di Luana, mantenendo lo stesso approccio nel narrare i fatti esattamente come si sono svolti.
"Omicidio di Stato" è un libro terribilmente umano che scava nel profondo dell'anima, nel buio della società, e pertanto è una lettura che assolutamente consiglio a tutti, sia a chi ha ricordi di quel tempo, sia a chi si avvicina per la prima volta a questi temi.
(Renato Marelli)
Citazioni da questo libro:
I delitti rimangono, non importa per chi li si compie.
La memoria è tutto e l'obbligo morale è il fondamento di ogni esistenza responsabile.
C'è il cielo sopra di me verso il quale guardo fiduciosa, e sotto, l'abisso che mi costringo a ignorare, ma è una vertigine pericolosa.
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