Casa Editrice: Marsilio - 256 pagine
Formati disponibili: cartaceo e ebook
Genere: Thriller
Trama:
Dicembre 2018. La testa di un uomo a cui sono stati asportati gli occhi viene ritrovata in un sacco di plastica ai piedi di un cassonetto. Il resto del corpo, privato anche del cuore e delle mani, viene scoperto il giorno dopo dentro un pozzetto dell'acqua piovana, in stato di decomposizione. Nel frattempo Nina, undici anni, viene obbligata dai genitori a tornare in psicoterapia, per superare un trauma che sei mesi prima le è quasi costato la vita e a cui tutti imputano la sua attuale insonnia. In realtà, da quando è diventata sorda, Nina è afflitta da terrificanti visioni sonore, che altro non sono che presagi di morte; le sue notti sono tormentate da incubi ambientati proprio all'interno di un pozzetto dell'acqua piovana. Mentre il killer - un ragazzino spezzato che crescendo si è trasformato in un oscuro e spietato vendicatore chiamato Bunny Boy - continua a uccidere, la bambina a poco a poco si rende conto di essere in qualche modo connessa a lui, e soprattutto di essere la sola a poterlo fermare. Per riuscirci, con l'aiuto di vecchi e nuovi alleati, si vede costretta a calarsi nel pozzo nero e profondo dei ricordi dell'assassino: i suoni e le visioni che la perseguitano appartengono infatti al passato di Bunny Boy, dove si nasconde una frattura che non può essere sanata né ricomposta, ma alla quale Nina dovrà comunque dare ascolto. Insieme alle ormai diciannovenni Rasha e Nur e al diciassettenne Alfredo, suo fratello, la bambina si troverà catapultata in un'avventura che porterà ognuno di loro a confrontarsi con le ragioni del male. I quattro ragazzi si addentreranno in un territorio in cui l'infanzia può essere nera e cannibale, ma comunque degna di essere riconosciuta. Quello che non sanno è se gli sarà concesso di riemergerne indenni.
Recensione:
Oscuro, come un pozzetto nero. Profondo, come la tana di un coniglio. Bellissimo, come una favola. Terribile, come la morte. Luminoso, come le lampadine che rischiarano il buio. Rosso, come il sangue che sgorga copioso. "Bunny Boy" è un romanzo che prende alla gola, alla pancia, artiglia l'interesse e non lo lascia andare, trasporta al di là del reale, in una dimensione distorta eppure necessaria a comprendere. E' un viaggio e un mistero, un qualcosa che una volta iniziato si deve finire, imperdibile e irrinunciabile.
Lorenza Ghinelli riporta al pubblico Nina, la bambina sorda protagonista di "Tracce dal silenzio", lo fa con questo nuovo thriller che all'opera precedente è collegato con vari rimandi, rendendolo comunque un libro fruibile anche da solo. I rapporti tra i personaggi saranno immediatamente riconoscibili a chi ha già letto il romanzo precedente, così come si potranno apprezzare i mutamenti e la crescita che il passare dei mesi ha imposto nei protagonisti, ma nulla sarà tolto al piacere e alla suspense che "Bunny Boy", da solo, è capace di regalare.
La scrittura dell'autrice è scorrevole e immediata, vive di un dualismo affascinante che la rende a tratti poetica e dolce, ma sofferta ed intensa; i protagonisti sono ragazzi, trasmette un sapore giovane che potrebbe essere innocuo, eppure è adulto che più adulto non si può. Il mondo è un luogo violento, cattivo e la notte è pericolosa. I sogni sono incubi e il silenzio è capace di diventare rumoroso ed invasivo.
I traumi dell'infanzia portano conseguenze. Alcune si possono superare con l'amicizia, l'affetto sincero di coloro che sono disposti a mettersi in gioco per il bene dell'altro, con il calore di una famiglia. Altri invece incidono, scavano, stracciano e strappano: la mente non regge, il dolore rompe la diga della ragione e ciò che potrebbe essere giusto si corrompe. E' questa la spinta sulla quale la trama si impernia, cresce e si espande.
Con un tocco tra il gotico e il paranormale, questo thriller rompe gli schemi, attraversa una soglia e ci spalanca un mondo più fosco eppure vivido, nel quale perdersi nelle ore di lettura. E' brivido e delizia.
I personaggi sono intensi e curati nei più piccoli dettagli. Ci affezioniamo a tutti loro, scoprendone le fragilità e i pregi. Se da una parte siamo al fianco di Nina, soffrendo con lei per i muri che deve scalare e le vette da conquistare, ammirandone il coraggio, appoggiandone la ribellione e abbracciandone la decisione, ci ritroviamo anche a partecipare al dolore della sua nemesi, di quel Bunny Boy del quale scopriamo i segreti e i supplizi. Il romanzo si prende lo spazio per offrire un panorama circolare di tutte le parti in causa, ne analizza le azioni, fornendone le motivazioni. Il male si riconosce, ma in coscienza non possiamo condannarlo, perché avremmo voluto difenderlo e salvarlo.
La Ghinelli ci regala un thriller, ma non manca di permetterci di riflettere sui valori dell'amicizia e della comprensione, del perdono e dell'accoglienza dell'altro. Si sofferma con delicatezza a mostrare la bellezza dell'amore in ogni sua forma, alla normalità che si cela nella diversità, alla ricchezza che possiede anche il mondo senza suoni, agli strumenti che esistono per andare oltre le barriere.
E' il mondo oscuro e luminoso che è riuscita a creare intorno a Nina, un posto dove veniamo accolti e intrattenuti. "Bunny Boy" avanza spedito tra colpi di scena e tensione bruciante, un ritmo che non conosce riposo. E' un romanzo che non si vorrebbe terminare, ma che alla conclusione ci fa un cenno, una promessa di un seguito da attendere con impazienza.
Esistono i sogni ed esistono gli incubi, poi c'è anche qualcosa d'altro, qualcosa di nuovo, che non vediamo l'ora di scoprire.
Consigliato!
(Tatiana Vanini)
Citazioni da questo libro:
Forse i traumi sono come un martello che picchia contro un muro: in alcune persone certi punti possono cedere e attraverso quei buchi si può scorgere un altrove impensabile.
Se gli adulti sapessero quanto sono trasparenti, girerebbero con un sacchetto di plastica in testa.
Lo sguardo altrui non si posa mai dove dovrebbe.
La notte apre varchi nell'infanzia, fa tornare piccoli, predabili.
Si dice che i padri chiedano ai figli di seguire i propri sogni. Ma lo si dice perché i padri non hanno idea di cosa sognino i figli.
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