Casa Editrice: L'Erudita - 100 pagine
Formati disponibili: cartaceo
Genere: Poesia
Trama:
Pania, ovvero attrazione, qualcosa che lega e, nel contempo, inganna e insidia. Di questo sono ricchi i versi delle poesie di Valerio Cajazza, che ripercorrono le tappe di una passione, nata già a partire dall'infanzia. Un sentimento che accomuna gli esseri umani da tempi antichissimi, dal colore rosso carminio, che "infiora l'aria d'estate", e di cui hanno parlato i miti, le leggende, le storie e gli antichi scrittori.
Un sentimento descritto citando personaggi come Atteone, Rinaldo e Giugurta, che porta alla contemplazione della natura e a una consapevolezza, che "la libertà non è trattenere e il volo della vita è accettare di cadere". Con un linguaggio classico e allo stesso tempo innovativo e originale, Valerio Cajazza conduce il lettore attraverso le trame delle parole per raccontare i meandri della passione, dello strappo e della leggenda.
Recensione:
"Pania" è una raccolta di liriche di Valerio Cajazza. Il titolo, astutamente ammiccante nella sua ambiguità di significato, e la bella immagine di copertina in cui volute di fumo, come le macchie di Rorschach, incuriosiscono, ma il testo è tutt'altro che agevole e, lo dico con rammarico, di conseguenza la lettura non risulta piacevole per l'utilizzo di un linguaggio ostico che riprende il classico ma lo fa in maniera estremamente originale e innovativa.
E' una scrittura poco o nulla comprensibile alla maggior parte dei lettori, elitaria, e la mancanza quasi totale di punteggiatura complica ulteriormente la comprensione.
L'approccio alla poesia di Cajazza è dunque complesso, il tasso di condensazione di elementi simbolici è paragonabile alle rappresentazioni oniriche (già Freud ravvisava molte analogie tra i due mondi). Come succede nei sogni dunque, nei quali non sempre tutti gli elementi sono chiari e presentano un significato univoco, in queste poesie, per quanto l'analisi possa cercare di essere appropriata e la lettura accurata, molti elementi rimangono oscuri e incomprensibili.
Ci troviamo di fronte, più che a poesie, a una sorta di enigmi che il lettore deve riuscire a risolvere: non sempre gli enigmi vengono risolti e, soprattutto, non sempre gli enigmi hanno una soluzione.
La poesia, in genere, ha il potere di suscitare meraviglia anche con la sua capacità di restare misteriosa e impenetrabile, di trasmettere emozioni e sensazioni andando al di là dell'aspetto razionale e comunicando direttamente alla nostra parte più istintiva e irrazionale ma, in questo caso, la trasmissione si interrompe subito.
Cosa significa a questo punto leggere le poesie di "Pania", interagire con una lingua di sconosciuta struttura, storicamente "avulsa", magari artificiosa? Una cosa di valore, certamente, e non si pensi che mi stia contraddicendo. Uno straniamento all'altezza dei tempi, oserei dire, all'altezza della crisi del poetico. Ci si trova infatti di fronte a un "poetico" che si è reso autonomo, separato dalla vita delle cose le quali sono immobilizzate in una fissità di icona.
La voce del poeta scorre ininterrotta, simile a quella di un profeta, di un antico cantore che ha perso la sua forza, ma non il suo canto.
L'onirismo della parola si manifesta sia in un vocabolario cromatico ristretto, sia nell'assenza di coordinante spaziali.
In questo "luogo" senza spazio e senza tempo, la voce del poeta ricerca, attraverso immagini di personaggi leggendari quali Atteone, Rinaldo e Giugurta, oppure biblici, o quasi sciamanici, la genesi delle cose, della realtà, la sorgente del malessere e della disperazione dell'essere nella parola attraverso la parola. La parola, che invischia la libertà, ed a cui è preferibile il silenzio nella solitudine del poeta.
In un simile universo poetico si corre il rischio di perdersi in un discorso autoreferenziale, ma a far da bussola non è il percorso di ricerca che guida il poeta quanto piuttosto un costante ritorno di immagini dense di problematicità.
Concludendo, pur apprezzando lo sforzo innovativo profuso dall'autore, non mi sento di consigliare a tutti questa lettura, bensì di limitarla a una ristretta cerchia di "eruditi", come suggerisce il nome stesso della casa editrice.
(Luisa Debenedetti)
Citazioni da questo libro:
Mentre implode la cisterna
e sgretola la facie
nel piombo di china oscura
ribatte il petto cavo.
(da "Tu non conosci il giardino di Maria e Jaka" - Pag 34)
Tu primula prima imago
tu virgo virago
secondo vento di spore
trama frammento sapore
tu velo verde
anello polsi e fianchi
tu dimentico ritratto
tu fulgente fulgido anfratto
tu remedio mediocritas
non aurea giuntura capfinitas
(da "Primula digitale"- Pag 36)
Ti aspettavi il fiorire dell'Oriente
sopra un fiume
l'alchimia dei Gameti
spiriti silvani ed elementali
danzare al soffio
delle mie labbra nervose
ora tenere e sinuose
di voluttuosa ambiguità
(da "Orieris" - Pag. 47)
Io,
vorrei un io che non fossi io
strusciare di selciato
ghiaia
canna bianca
piegata.
("Lira del vento" - Pag. 69)
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