Casa Editrice: Newton Compton Editori - 288 pagine
Formati disponibili: cartaceo e ebook
Genere: Gialli
Trama:
Due anni dopo il trasferimento ad Asiago, dove comanda la locale stazione dei carabinieri, il luogotenente barese Gaetano Ravidà comincia ad abituarsi alla sua nuova vita. Sull'altopiano vicentino, teatro delle più sanguinose battaglie della Grande Guerra e funestato di recente dalla tempesta Vaia, è alle prese con reati ambientali: un paio di cave di marmo, dismesse da tempo, vengono utilizzate come deposito illegale. Proprio fra quelle pareti di roccia, Ravidà e i suoi uomini trovano, oltre ai rifiuti pericolosi, il cadavere mummificato di un uomo. Mentre si cerca di risalire all'identità della vittima, altre due persone muoiono in circostanze misteriose e apparentemente scollegate tra loro, gettando la piccola comunità nello sgomento. Grazie alle testimonianze, incrociando varie fonti e indagando senza sosta, Ravidà e i suoi collaboratori cominciano a sospettare legami e connessioni tra le vittime e i pericolosi tentacoli della mala del Brenta. Durante i giorni della merla, con il paesaggio ammantato di neve, il luogotenente e la sua squadra dovranno riuscire a superare la coltre di apparente calma e silenzio nel periodo più freddo dell'anno per trovare in fretta la verità.
Recensione:
Con "Il delitto della montagna" la bella penna di Chicca Maralfa, giornalista oltre che affermata scrittrice, narra la seconda importante indagine del luogotenente barese Gaetano Ravidà, trasferito da due anni ad Asiago dopo il fallimento del suo matrimonio e alle prese questa volta con tre morti misteriose che non sembrano affatto collegate fra loro. Il primo ad essere ritrovato è il cadavere mummificato di un uomo che emerge fra i rifiuti pericolosi gettati abusivamente in una cava di marmo dismessa. Nessuno in paese sembra sorprendersi più di tanto: i reati ambientali costituiscono una nuova e molto redditizia fonte di guadagno per la criminalità organizzata ed è fin troppo facile pensare ai traffici su larga scala della mala del Brenta. Nessuno sembra neanche troppo curioso di scoprire a chi appartenga il cadavere: il poveretto è morto da almeno tre anni e chissà chi ha avuto interesse a farlo sparire. Ma Ravidà non ragiona come gli altri: a lui non pare per nulla scontato che si debba per forza scomodare la mala del Brenta e pensare che la vittima sia uno sconosciuto venuto da lontano. Perché non chiedersi, prima, se dalla cittadina non è scomparso qualcuno negli ultimi anni? Denunce di scomparsa non ce ne sono, ma parlando con la gente del posto... Già, perché a Ravidà piace raccogliere storie e chiacchiere, racconti di sogni e speranze, informazioni sparse che a un certo punto cominciano a collegarsi nella sua testa per dar vita a un quadro che attribuisce ad ogni elemento un significato diverso da quello che sembrava avere in origine. Come recita l'ultima pagina del libro "era questa la parte intrigante del suo lavoro, quella che lo appagava di più: indagare sui sentimenti degli uomini, prima ancora che degenerassero in notizie di reato".
Un poliziesco dalla trama impeccabile che restituisce al lettore la sofferta complessità dell'animo umano, gli intrecci invisibili che legano le vite dei protagonisti nel corso degli anni finendo per stringersi come cappi attorno alle motivazioni che muovono le nostre umane esistenze: l'amore, il desiderio, l'avidità, la paura. Mentre l'indagine procede portando il luogotenente a collegare in modi sempre più articolati le tre morti misteriose, la dimestichezza dell'autrice con i fatti di cronaca di cui si è occupata per anni arricchisce la storia di numerosi cenni e agganci alla realtà criminale del nostro tempo che rendono la vicenda ancora più credibile. Si percepisce chiaramente l'amore della Maralfa da una parte per l'altopiano vicentino con la sua natura e il suo pesante carico di memoria (fu teatro delle più sanguinose battaglie della Grande Guerra) e dall'altra per Bari, terra del cuore a cui Ravidà torna con nostalgia nei sogni ad occhi aperti e nei momenti in cui ha bisogno di "tirarsi su" rifugiandosi nel sapore di un piatto tipico che lo riporti alle antiche certezze.
Una storia ben congegnata e ben raccontata, in cui la tensione cresce poco a poco sfidando la calma apparente di un piccolo centro di montagna dove tutto sembra riposare, nascosto da una spessa coltre di neve e di omertà che lo sguardo caldo e carico di passione di Ravidà riesce comunque a penetrare. Ne consiglio vivamente la lettura.
(Cristina Quochi)
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