Casa Editrice: Youcanprint - 200 pagine
Formati disponibili: cartaceo e ebook
Genere: Narrativa
Trama:
L'eccesso di quarantuno anni di esistenza possono bilanciarsi con gli ultimi giorni di vita di Ilario Gremas? San Scibile, città modesta e squallida, è l'estremo scenario di un'anima che sta per andare via. Sull'altare della liturgia, la sorella Silvia e lo strascico di un amore distrutto. L'ultima missione, l'ultimo viaggio di un uomo bruciato dal suo stesso fuoco interiore. La morte e la felicità, su un tavolo di lacrime amare, cantano per l'ultima volta l'inno della vita. "Quando bruci tutto, per un po' resta lo strascico di calore poi, se tutto va bene, ti resta la cenere. A me non restò neanche più quella."
Recensione: "Anagogia di un esteta" è l'ultimo, recente romanzo auto-pubblicato del giovane autore Giuseppe Cangiano.
L'opera consta di 19 capitoli, per un totale di 197 pagine, preceduti da una prefazione a cura di Sossio Flavio Compagnone.
Il titolo, dall'aura decisamente particolare e altisonante, richiama ad un processo costituito da varie fasi, relativo ad un'ascesa, o meglio, nel caso specifico, ad un'escalation di esperienze dal carattere decisamente forte e inteso che incidono, parallelamente, nella vita esteriore e in quella più intima e interiore del protagonista: Ilario Gremas. L'uomo, un'aitante quarantunenne, si descrive come un soggetto eclettico ormai lontano dai consueti e consunti costumi della società.
Il racconto si dipana lungo i capitoli, narrati in prima persona dallo stesso protagonista, il quale, già in giovane età, è un esule, un fuoriuscito dall'infanzia, dalla purezza e dall'ingenuità che la caratterizzano. Ciò accade a seguito di un'esperienza dai contorni rarefatti e particolari, quasi esoterici, che premono sui confini mondani e sensoriali fino a soverchiarli.
Infatti, il romanzo è caratterizzato da una serie di flashback che uniscono le epoche più remote ad un tempo presente, contemporaneo.
In particolare, gli eventi più incisivi della storia sono ambientati a San Scibile, una piccola cittadina dipinta come abbandonata, spoglia, grigia ed intorpidita. Abitata per lo più da quegli "schiavi del sistema" che, nell'ottica del protagonista, hanno letteralmente regalato la loro vita al dio denaro e al lavoro, che li rende, per l'appunto, degli umili servi oramai privati di un vitale senso critico e di libero pensiero. Ilario Gremas si presenta, di contro, quale l'incarnazione vivente del contraltare di questo scenario ordinato ma morente, come si descrive egli stesso: "Mi sentivo ancora figlio di me stesso, nonostante l'esperienza di una vita vissuta atrocemente e oltre i limiti di ogni schema ordinario. Gli eccessi e la visione soggettiva delle cose mi tennero lontano dal bisogno di una combinata continuazione." (pag. 20)
Non a caso, il protagonista, giunto a metà del "cammin di sua vita", può essere definito un escluso, un diverso, ma anche un outsider.
Suo malgrado, però, anche lo stesso Gremas appare come un prigioniero, dipendente da molti vizi: alcool, droghe, ludopatia e, non da ultimo, dal fascino sequestratore ed irresistibile delle donne; "Questo significa vivere di adrenalina: essere padrone del mondo ma tornarne volontariamente schiavo. L'adrenalina e` l'ultima compagna della notte, l'ultimo assalto che l'anima implora prima di tradirti." (pag.32)
Insomma, Gremas racconta al lettore la sua vita al limite, condotta in direzione dell'autodistruzione finale.
Le tematiche affrontate dall'autore risultano essere insolite in quanto connesse ad aspetti sofferti della vita di un uomo e a desideri contro-intuitivi: anziché aspirare a vivere, il protagonista anela, difatti, alla sua fine.
Per questo è possibile dire che il romanzo narra l'anagogia di un circolo vizioso, anziché virtuoso. Le bellezze e le virtù della vita, il senso morale sono sì presenti ma scorrono sottotraccia in questo fiume di vicissitudini dapprima intense e intriganti, fino a giungere, nella seconda parte del libro, a toccare tematiche dichiaratamente sporche, pornografiche e incestuose. Tali particolari contenuti fungono da potente gancio per il lettore, in un climax continuo, di un racconto senza freni, spingendolo a proseguire nella lettura solleticato dalla curiosità, a tratti morbosa, di sapere.
Uno dei fulcri dell'opera di Cangiano è la relazione amorosa che il protagonista intesse con l'avvenente Sonia. I due, quali perle rare incastonate in fondali differenti, quando si incontrano fanno scintille, raggiungendo al contempo apici di piacere inimmaginabile e gli abissi più neri, come si evince da questo passaggio: "L'amore e` figlio di due autorevoli genitori: la gelosia e l'ossessione. E nei suoi confronti sviluppai entrambi gli impulsi, fui geloso e ossessionato da Sonia. L'amore non e` altro che il risultato di piu` fattori, e io avevo completato la mia espressione algebrica." (pag. 54)
Non a caso, è soprattutto la narrazione delle dinamiche relazionali che consente di sviluppare nel lettore delle riflessioni di valore più pedagogico: come ci si può interrelare con l'Altro? Che cosa è, in definitiva, il sentimento d'Amore o d'Affetto che si prova per un altro essere vivente?
Inoltre, attraverso la delineazione del bizzarro personaggio di Rita Daghoa, l'autore introduce un'ulteriore scissione sulla quale induce a riflettere: il mondo dell'umano versus il mondo degli animali. E, forse, non è proprio un caso che nell'esaltazione finale dell'atto del morire, così anelato da Ilario Gremas, il giovane uomo desideri avere al proprio fianco, nel momento della dipartita, figure femminili umane e molti animali.
Per quanto riguarda invece il personaggio di Rita Daghoa, prima succitato, si può affermare che questa figura, quasi ultraterrena, dal genere dubbio, in grado di donare la vita, la conoscenza e l'estasi e – al contempo – di annientare chiunque l'avrebbe desiderato grazie al suo "esiziale elisir", rappresenti, ancora una volta, l'incarnazione di un ossimoro dentro gli ingranaggi del grande mistero della Vita.
Soprattutto nella sezione finale, appaiono a ruota nuovi personaggi, certamente collegati alla trama del romanzo anche se la loro comparsa risulta breve e fugace, non ben definita, quasi fungessero da sostegno ad un ordito un po' cedevole, altrimenti destinato a terminare prima del tempo. Uno di questi, è Patrizio, un amico di vecchia data di Gremas, così abbozzato dall'autore: "Le conoscenze piu` rilevanti di un'esistenza sono quelle che ti cambiano la vita, o perlomeno quelle che aprono il varco verso una nuova strada ricca di sentieri. Eravamo simili, entrambi con gli stessi vizi e la stessa visione di vita. La differenza sostanziale fra di noi risiedeva in un unico aspetto decisivo: Patrizio era assai piu` esagerato di me." (pag. 129- 130).
La scrittura risulta corretta, caratterizzata da una modalità stilistica di medio livello e da un diffuso uso del passato remoto e dell'imperfetto. Il lessico si presenta, in certi casi, particolarmente ricercato attraverso l'inserimento di nozionismi peculiari come il termine "aiòn" (dal greco antico, forza vitale). Nello specifico, si nota l'utilizzo diffuso della figura retorica dell'ossimoro, già a partire dal primo capitolo: "ricordo solo la voglia cieca e accecante che mi spinse a oltrepassarla." (pag. 16), poi riproposta nel titolo del quarto capitolo denominato: "Ascesa discendente".
Probabilmente, tutto l'intero romanzo ruota attorno al significato dell'ossimoro; il messaggio di fondo che l'autore vuole lasciare attraverso questa opera pare essere proprio l'intrinseca contraddizione o, se vogliamo, la sequela di moltitudini conviventi, all'interno della Vita stessa. Non vi è un'unica morale o verità da perseguire, piuttosto ognuno costruisce il suo bagaglio di preziose consapevolezze nelle quali qualcun altro, come i lettori che si apprestano a leggere tale romanzo, possono percepire di ritrovarsi e di condividere, almeno in parte.
In sostanza, "Anagogia di un esteta" risulta essere un melting pot di contenuti e di stili letterari; si viaggia, infatti, dagli aspetti aulici, misteriosi ed esoterici, fino a quelli più fisici e scurrili, amalgamati insieme come solo l'originale flusso vitale è in grado di fare. Tale connubio consente all'autore di offrire la sua giovane opera a un pubblico molto vasto e poco settorializzato, fornendo spunti di riflessione più profondi, incastonati in un prodotto letterario più leggero. Il risultato è sicuramente esplosivo ed originale, forse anche un po' rischioso, per certi aspetti polveroso – parafrasando il titolo dell'opera - ma possiamo lodarne il tentativo.
Buona lettura
(Sveva Borghini)