Genere: Gialli

Trama:
In una fredda mattinata di ottobre, nella quiete della campagna pavese, un uomo scopre ai piedi di una Cappelletta votiva i resti di ossa umane, tra le quali quelle di un neonato. L'indagine ufficiale viene sommariamente chiusa dalla polizia, ma la determinazione di chi ha rinvenuto i resti, nel voler dare non solo un nome ed una storia a quelle povere anime, ma anche a un riscatto alla propria coscienza, coinvolgerà il Maresciallo Marchi. E' l'inizio di una vicenda che porterà il Maresciallo a scavare negli archivi dell'ex ospedale psichiatrico di Voghera a caccia di indizi che lo possano aiutare a rivelare l'identità dei due scheletri. Marchi, coadiuvato dal Tenente Sabrina Ferri, scoprirà una tela ordita di atrocità e un segreto che copre come un sudario il vecchio manicomio. Lo scenario inquietante nel quale dovranno indagare assumerà i contorni di un viaggio oscuro dentro il male dell'animo umano mentre qualcuno, in silenzio, attende l'ora della giustizia e della vendetta.

Recensione:
Intenso, profondo, carismatico. "Ampere", nel suo essere giallo, manifesta un'umanità disarmante, per un libro di denuncia non del presente, ma delle ferite del passato che, per qualcuno, ancora sanguinano, e allora è giusto ricordare.
Paola Mizar Paini ha una scrittura che si ama dopo poche righe e, romanzo dopo romanzo, è un piacere ritrovare. Scorrevole ma attenta, tratteggia fatti, personaggi e luoghi con una tridimensionalità toccante, che si scava un angolino nel cuore del lettore per portarlo là dove i pensieri si formano e i ricordi permangono.
Ho conosciuto la penna dell'autrice nel suo primo libro, "Angeli innocenti", opera che mi aveva colpita, incantata e commossa. Immaginate la mia sorpresa, e al contempo emozione, quando dalle pagine sono emersi precisi riferimenti e connessioni al primo libro, oltre naturalmente alla presenza di Marchi, il maresciallo protagonista.
"Ampere" comincia con un Marchi in evidente difficoltà, chiamato all'aiuto e all'azione investigativa da chi non si sarebbe mai aspettato, per un'indagine non ufficiale, fuori dai canoni e dagli sviluppi insospettabili quanto inaspettati.
Due sepolture dove non dovrebbero riposare ossa umane, due morti senza nome e il desiderio di chi sta per varcare l'ultima soglia di dare, ai poveri resti, un nome e un perché.
Parte così il libro e noi lettori lo seguiamo, catturati dalla forte carica di umanità che la Paini riesce a mettere nei suoi scritti. I personaggi sono concreti, si offrono alla comprensione in ogni loro parte. Ci sono le descrizioni fisiche che ci aiutano nell'immaginazione, ma soprattutto ci sono le loro anime che emergono, piene di tutto quanto sia buono o cattivo, forte o fragile, con i sogni, le speranze anche quelle infrante, i rovelli e i fantasmi per un passato che non si può cambiare, che in alcuni casi non si può perdonare, nemmeno capire, ma solo conoscere e la conoscenza è doverosa.
La trama sembra procedere lineare, ma a un tratto le cose si fanno più complesse, oscure ed emotivamente forti. Ci si attacca all'opera, si vuole sapere e la lettura si fa vorace e intensa.
L'autrice ha fatto ricerca, e si sente, riporta nei capitoli una parte nera, per certi versi relegata in un angolino poco illuminato. Con le sue parole nobilita anni e persone perdute, portandoci all'interno dei manicomi, descrivendone la cruda realtà, togliendo la morbosità. Paola Mizar Paini, con la sua delicatezza, annulla il fastidio, ma lascia l'indignazione, svela, denuda e consegna l'orrore al giudizio e alla pietà del lettore.
L'indagine di Marchi è nel presente, ma è di anni addietro il crimine di cui veniamo a conoscenza. Persone che perdevano diritti, averi e possibilità per divenire numeri. Matti su una cartella clinica, alienati, ma molti erano solo indigenti, epilettici, adulti, ma anche giovani, uomini e donne, fino ai bambini problematici o orfani. Portatori di fragilità che oggi sarebbero a casa o in comunità protette, subivano l'indicibile. Entravano in carceri chiamati manicomi da innocenti, ne uscivano solo da morti o quando la legge Basaglia ne impose la fine. Tocchiamo, leggendo, quello che succedeva, lo interiorizziamo e, io che ho letto "Il manicomio dei bambini" di Alberto Gaino, vi assicuro che l'autrice, qui, non ha inventato nulla, lo ha solo inserito in una storia gialla, rendendolo accessibile a tutti.
In "Ampere" mi sono interrogata, ho imparato, perché Paola Mizar inserisce note formative, senza mai renderle pesanti, ma integrandole con capacità alla trama, senza perdere ritmo o dinamismo. Mi sono sorpresa quando, oltre alla vittima, seguendo le parole della scrittrice, sono riuscita a penetrare anche nella mente e nei tormenti dei colpevoli. Chi scrive si mette sopra le parti, entra dentro tutte le figure che ha immaginato, ce ne rende manifesti i pensieri e su un vassoio di carta, dispone il delirio di onnipotenza, la caduta di persone normali nell'abisso dell'amoralità, ce ne regala la vita e la fine.
Nell'opera non manca il tempo per dedicarsi all'intimità personale di Marchi, anche qui con complicazioni e sorprese. E' un modo di entrare in connessione col protagonista che piace, ce ne mostra lati che avevamo compreso ma non esplorato a fondo e ci lascia una nota delicata, per una chiusura votata alla speranza e alla vita, dopo tanta sofferenza e morte.
Consiglio questo romanzo a tutti, magari leggetelo dopo "Angeli innocenti" per comprendere tutto e, chissà, magari alla fine, anche voi come me, avrete in testa l'immagine di una ragazza che balla, libera.
(Tatiana Vanini)

Della stessa autrice:
Il mistero del bosco oscuro
Emily
La casa delle ombre
Angeli innocenti

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