Trama:
Quando fu deportata Ines Figini aveva meno di 22 anni. Non era ebrea, partigiana o antifascista, ma si era schierata a favore di alcuni compagni di lavoro durante uno sciopero. Così finì nei lager di Mauthausen, Auschwitz-Birkenau e Ravensbrück e infine in un ospedale militare, dove trascorse un anno e mezzo. Ha atteso più di cinquant'anni prima di parlare in pubblico della sua vicenda: ora la racconta in questo libro. E' la storia di una famiglia ma è anche una storia di fabbriche; e di una città, Como, punto strategico per le forze nazifasciste. Di treni che partivano per mete ignote e di luoghi in cui l'umanità si divideva tra vittime e carnefici, fino a negare se stessa. E' la storia di una persona a cui il lager non ha rubato l'anima e che ha ripreso a vivere. Che ogni anno torna là dove era stata reclusa. Che ricorda. E che, nonostante tutto, ha perdonato.
Commento:
La storia dei deportati nei campi di sterminio nazisti è quasi sempre simile: racconti di pene indicibili, di vessazioni, di umiliazioni e violenze sono così reali che sembrano non aver mai fine.
In questo libro però, oltre al fatto che si tratta di una storia reale dove si tocca con mano l'esperienza di una donna deportata (ad oggi, i libri di donne deportate e sopravvissute, sono davvero pochi; la maggior parte sono scritti da uomini e, quindi, con punti di vista maschili), c'è anche la ricostruzione storica di quegli anni.
Di un realismo crudo e toccante, ci si spaventa al racconto di Ines, la si immagina partire da Como bella, giovane e forte per ritrovarla, dopo poche pagine, smagrita, spenta ed esausta. Un libro in cui la parola d'ordine è sopravvivere per tornare a casa, per tornare alla vita e agli affetti di sempre. Tornare, non spegnere la vita anche se intorno tutto trasuda morte.
La morte, quella fatta dei fumi densi e grigi che si alzano dai comignoli di Auschwitz, quella fatta di sogni infranti e speranze mai vissute, quella di oltre sei milioni di esseri umani. Ed eccolo, il duro scontro con una realtà che danneggerà l'umanità per i secoli a venire. Tanto tu torni sempre non è il solito racconto di un'ebrea sopravvissuta agli eccidi della Germania nazista, è molto di più: è la voce fuori dal coro che in un giorno di sciopero in una fabbrica comasca, nel 1944, decide di far sentire la voce plenaria della giustizia, "o tutti o nessuno". Ecco dove sta la bellezza di questo libro, nell'essere una voce di uguaglianza, un faro di perdono, una speranza per le altre internate, un insegnamento su ciò che è stato e che non deve ripetersi.
Non c'è odio in queste pagine, non c'è senso di vendetta. C'è invece la rivalsa, la semplicità della vita, l'avercela fatta, l'aver mantenuto la promessa di tornare. Un tributo alla memoria che serva da insegnamento per le generazioni future.
Ottima scrittura, semplice, diretta e di facile comprensione per tutti. I dati storici completano il quadro raccontato da Ines Figini, dando anche molti spunti di riflessione.
(Daniela Grigetti)
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