Trama:
Storie sorprendenti e a volte esilaranti sull'apprendimento e l'uso delle lingue. Si parla della gioia con la quale ci si avvicina a un'altra lingua, ma anche della delusione e della frustrazione nel non riuscire a farsi comprendere dopo anni di insegnamento scolastico, dei momenti di orgoglio e di successo e di quelli paralizzanti, quando l'assenza di parole sembra ostruire il flusso di ogni comunicazione. Si parla della lingua come manifestazione della vita, del proprio essere, della propria storia.
Commento:
Diciassette storie frutto dell'immaginazione, tanto che - ci tiene a sottolinearlo l'autore - eventuali somiglianze con biografie reali sono puramente causali. Eppure in queste storie troviamo problemi reali di chi si trova a vivere in una parte del Paese in cui il bilinguismo spesso mette in difficoltà, non solo per il disagio di apprendere l'una piuttosto che l'altra lingua, ma perché questo disagio linguistico si trasferisce anche al piano sociale ed anzi ne è una conseguenza inevitabile.
Incontriamo la ragazza i cui genitori parlano il dialetto in casa - il padre con l'accento dell'Oberland, la madre dell'Unterland - ma queste sono sfumature che possono essere colte solo da chi è nato qui, che impara l'Hochdeutsch, il tedesco standard, solo alla scuola elementare e che poi conosce una maestra di italiano eccezionale, che le fa amare questa nuova lingua. Bravissima, le fa conoscere un nuovo mondo e l'italiano era la chiave per entrare in quel mondo, salvo poi ritrovarsi alle medie ad una battuta d'arresto e toccare il fondo alle superiori. Nonostante queste difficoltà, nonostante le uniche occasioni di parlare italiano siano con i turisti, nonostante in Italia - nei locali pubblici - i camerieri continuino a rivolgersi a lei in tedesco, nonostante tutto ciò questa ragazza ha mantenuto intatto il suo amore per la lingua italiana, ripromettendosi di impararla meglio in futuro.
C'è la ragazza più fortunata, figlia di professionisti italiani, che d'inverno va a sciare a Corvara e d'estate al mare in Maremma, che parla perfettamente italiano e tedesco, e che potrà frequentare l'università a Innsbruck, perché lì si può studiare diritto italiano. C'è chi vede l'altra lingua solo come un obbligo, da imparare per forza per ottenere il Patentino.
Insomma, in Alto Adige la lingua è una faccenda sempre complicata, racconta la protagonista della nona storia, in fin dei conti non si parla mai in modo giusto. Ognuno parla a modo suo. In ogni valle, addirittura in ogni paese si parla una lingua diversa. E ognuno pensa che la lingua più bella, se non l'unica lingua vera, sia la propria.
Le Storie di lingua ci raccontano ciò che ci appartiene e ciò che ci è estraneo, la discrepanza tra il dover-essere e l'essere; narrano del sentirsi lacerati, della paura e del coraggio nella vita e nel parlare, in un Alto Adige bilingue in cui molte sono le contraddizioni ed i paradossi. Ma i racconti di Colleselli sono anche un atto d'amore nei confronti della lingua: una lingua che è soprattutto strumento di conoscenza dell'altro oltre che di affermazione della propria identità e che deve essere in grado di superare difficoltà e pregiudizi. Perché la lingua siamo noi, il nostro essere, la nostra storia.
(Raffaella Galluzzi)
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