Trama:
Yang Xianhui, uno degli scrittori più celebri e controversi della Cina, rivela quali fossero le condizioni di vita nei campi di lavoro forzato all'epoca di Mao e della campagna dei "Cento fiori". Tremila cittadini cinesi classificati "di Destra" dai funzionari del Partito Comunista furono inviati a Jiabiangou nel deserto del Gansu, per essere sottoposti a "rieducazione".
La raccolta delle voci dei sopravvissuti ai lager cinesi è uscita come fiction per evitare la censura delle autorità. Ma ciò non ha impedito che il libro suscitasse da subito un'emozione profonda tra il pubblico. Difatti i racconti degli internati, pur romanzati, nulla hanno perso della loro drammaticità e intensità.
Commento:
Una pagina di storia, a lungo tenuta nascosta, emerge dolorosa ed angosciante dalle pagine di Yang Xianhui.
Venuto a conoscenza quasi per caso dell'esistenza di Jiabiangou durante un soggiorno in una Fattoria collettiva nel deserto del Gobi (nella quale lo scrittore si recò spontaneamente nel 1965, animato da spirito rivoluzionario e rinunciando alle comodità della vita cittadina), il pensiero fisso di scoprire cosa si nascondesse dietro alle mezze parole e agli sguardi di chi a Jiabiangou c'era stato, non lo abbandonò più.
Questo lo portò a voler incontrare - nell'arco di ben cinque anni - quasi un centinaio di ex reclusi, intervistarli e riproporre le interviste in forma di racconti, la cui pubblicazione ha scioccato la nazione ed il mondo intero e dalla quale è stato tratto il film "The ditch", presentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 2010.
Il laogai (abbreviazione di laodong gaizao, letteralmente "riforma attraverso il lavoro") è una forma di detenzione e punizione largamente utilizzata nella Repubblica Popolare Cinese: un rapporto della Laogai Research Foundation sostiene che al 2008 i laogai presenti in Cina sono quasi 1500. Campi di lavoro forzato in cui, sotto la maschera della rieducazione politica, si celano torture e privazioni, tanto che la morte per inedia dei detenuti è all'ordine del giorno.
Yang Xianhui ci racconta l'esperienza di chi al campo di Jiabiangou ci è stato (fra il 1958 e il 1960) ed è sopravvissuto a quegli orrori. Testimonianze celate dietro la finzione narrativa: nel tentativo di sfuggire l'onnipresente occhio del Dipartimento della propaganda, gli editori di Yang hanno pubblicato il suo lavoro nell'ambito della narrativa, pur essendo perfettamente consapevoli della sua natura giornalistica.
E così i diciannove racconti de "La donna di Shangai" spalancano le porte su un mondo fatto di dolore e privazione, di torture e di morte. Migliaia di persone - uomini e donne - rimasero vittime della campagna antidestrista di Mao: era sufficiente essere sospettato di opposizione al sistema per essere immediatamente processato e tradotto in un campo di lavoro.
I personaggi che trovano voce grazie alle pagine di Xianhiu rimangono impressi a fuoco nella nostra memoria: costretti a vivere in luoghi angusti, sottoposti a turni di lavoro massacranti, ridotti alla fame tanto da dover integrare le limitate razioni di cibo con verdure selvatiche, semi, corteccia d'alberi o topi; tanto da mangiare persino i poveri resti dei compagni deceduti.
Lo stile asciutto e crudo, le immagini, talvolta forti, fanno riflettere su un orrore troppo a lungo tenuto nascosto. Oggi, scrive l'autore, solo poche persone conoscono questa parte della storia. Molti dei sopravvissuti sono morti o sono rimasti in silenzio, mentre i colpevoli continuano ad insabbiare l'accaduto. Mi sono impegnato ad aprire questo libro nero e a condividere questi racconti con il pubblico perché voglio che la gente conosca il dolore di chi ha sofferto. Spero che questa tragedia non abbia a ripetersi...
Lo speriamo anche noi, anche se le poche notizie che riescono a trapelare grazie alle organizzazioni umanitarie, danno ben poco conforto.
(Raffaella Galluzzi)
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