Trama:
Da Francesco Vezzoli ad Arnaldo Pomodoro, da Joseh Beuys a Vanessa Beecroft, da Damien Hirst a Michelangelo Pistoletto: che si tratti di artisti notissimi oppure del tutto sconosciuti, di ognuno di questi ci resta sempre il dubbio che sia un nome del tutto sopravvalutato e non del grande genio che ci hanno detto. Davanti a una qualsiasi opera d'arte contemporanea ci resta spesso addosso quella spiacevole sensazione di essere di fronte a una truffa e che l'autore di quella "bizzarria" prima o poi verrà smascherato. Oppure siamo davvero di fronte al nuovo Picasso... ma niente lo lascerebbe supporre. Francesco Bonami, oggi forse il più noto critico e curatore italiano di arte contemporanea nel mondo, torna all'universo di cui è grandissimo esperto e ci insegna a districarci in questa complicata faccenda: come distinguere un vero artista da un ciarlatano. Dopo il grande successo di "Potevo farlo anch'io", con questo libro riprende a raccontarci, con il suo modo scanzonato e irriverente, le vite e le peripezie dei più grandi artisti degli ultimi decenni, ci spiega perché sono davvero grandi e come non confonderli con quanti veri artisti non sono affatto.
Commento:
Terzo appuntamento col critico d'arte e curatore di mostre Francesco Bonami, che dopo Lo potevo fare anche io e Dopotutto non è brutto del 2007, ci diverte e ci fa riflettere con Si crede Picasso, libro irriverente sulla situazione dell'arte contemporanea.
Bonami ci fa da Cicerone lungo la strada degli artisti di oggi e con uno stile sarcastico e, a volte cinico, ci aiuta a distinguere quelli che, secondo lui, sono i veri rappresentanti del mondo artistico del XXI secolo. Quarantadue piccoli capitoli, ognuno dedicato ad un artista diverso, presentati da titoli buffissimi e provocatori: Topo Gigio Banksy, ad esempio, parla dello street artist Banksy che, secondo l'autore, "vuole essere lo Zorro dei writers ma è solo un Topo Gigio in missione speciale. Beniamino dei media è uno che tedia"; Ma quanto balcano!, dedicato all'artista serba Marina Abramovic, mette in evidenza il fatto che le sue provocatorie opere "parlano, in modo sincero, di un mondo arcaico e violento che sta a due passi da casa nostra, ma che fingiamo non esista più"; Me ne faccio un baffo, allusione, nemmeno tanto velata, alla "donna baffuta, sempre piaciuta Frida Kahlo", mitica pittrice messicana. Di lei lo scrittore esprime un pensiero positivo, ritenendola una donna, che circondata da un machismo imperante, ha dovuto farsi crescere i peli sullo stomaco per andare avanti, senza rimanere schiacciata dal peso degli uomini che le stavano intorno: "nonostante i maschioni invidiosi del suo talento, si può proprio dire che Frida se ne facesse un baffo".
Attraverso questo stile comico-serioso, Bonami ci coinvolge, anche se possiamo non avere i suoi stessi gusti o le sue stesse idee: ci presenta una concezione dell'arte affrontata con passione, con un linguaggio semplice, lontano da virtuosismi e molto più attento ad esprimere quello che sinceramente suscita nel cuore, che non a creare concetti troppo elaborati e, alla fine, privi di sostanza. Sembra quasi di trovarsi di fronte ad un flusso di coscienza, come quando guardiamo un'opera e iniziamo istintivamente ad esprimere quello che vediamo e proviamo. Un modo per capire che l'arte, anche quella più complessa, può essere affrontata con leggerezza.
(Benedetta Gigli)
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