Trama:
Il libro è il tragico monologo di una donna che aspetta un figlio guardando alla maternità non come a un dovere ma come a una scelta personale e responsabile. Una donna di cui non si conosce né il nome né il volto né l'età né l'indirizzo: l'unico riferimento che ci viene dato per immaginarla è che vive nel nostro tempo, sola, indipendente e lavora.
Il monologo comincia nell'attimo in cui essa avverte d'essere incinta e si pone l'interrogativo angoscioso: basta volere un figlio per costringerlo alla vita? Piacerà nascere a lui? Nel tentativo di avere una risposta, la donna spiega al bambino quali sono le realtà da subire entrando in un mondo dove la sopravvivenza è violenza, la libertà un sogno, l'amore una parola dal significato non chiaro.
Commento:
Sarò una voce fuori dal coro, e me ne rendo conto, ma questo libro non mi è piaciuto per nulla!
Di certo la Fallaci ha uno stile di scrittura accattivante e molto diretto, niente da dire su questo, ma il contenuto del libro (la lettera della madre al bambino che porta in grembo e che, come suggerisce il titolo stesso, non nascerà) mi ha fatto letteralmente venire i brividi e mi ha infastidita quasi dall’inizio alla fine. Può sembrare strano provare fastidio per un libro, ma è ciò che è successo con questo: l’ho trovato duro, cattivo e crudele, talmente pesante che stavo per abbandonarne la lettura.
Solo le prime pagine sono belle e condivisibili, mentre il resto è veramente brutto.
Tutto ciò che questo romanzo mi ha trasmesso è unicamente l'idea di una donna egoista, concentrata su se stessa, scontenta della vita di cui vede solo le sofferenze e le ingiustizie, per la quale l'amore, il futuro e la vita stessa, sono una specie di buco nero senza prospettive. Trovo assurdo raccontare favole paurosissime ad un bambino che deve ancora nascere, prepararlo alla vita dicendogli che ne trarrà solo dolore, che verrà umiliato per i motivi più diversi, che tanto alla fine dovrà morire, che dovrà combattere in ogni momento per sopravvivere, ma trovo ancora peggio dargli la colpa, prima ancora che venga al mondo, della limitazione della sua libertà e del suo diritto ad una vita libera, del fatto che le sta sconvolgendo l'esistenza ed altre crudeltà simili.
In fondo, se una donna è in attesa, la colpa non è certo del bambino!
Posso tentare di capire questo atteggiamento giustificandolo con il fatto che il libro è stato pubblicato in un momento in cui per le donne era importante esprimere le proprie idee e la propria libertà di scelta nel campo dell’aborto, ma ritengo che tutto abbia dei limiti e, personalmente, credo che in questo libro siano stati ampiamente superati.
Il fatto che nelle ultime due pagine la madre cerchi di "recuperare", spiegando che tutto ciò che ha detto era da considerare solo un avvertimento dato allo scopo di preservarlo dalle future delusioni, non compensa assolutamente la cattiveria e la crudeltà delle pagine precedenti.
Veramente brutto!
(Maria Guidi)
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