Trama:
Questo libro, raccoglie la corrispondenza dal carcere di alcuni militanti delle Brigate Rosse e Prima Linea tra gli anni Settanta e Ottanta. Diviso in quattro sezioni - Affettività, Carcere, Politica e Documenti - è pensato come uno strumento di pensiero critico, ma anche e soprattutto come un libro sulle carceri speciali (Asinara, Palmi e Voghera). Una narrazione storico-politica che attraversa scioperi della fame, repressione, rivolte, analisi politiche, scontri e gestione dei sentimenti fuori e dentro il carcere, raccontata direttamente dalle voci dei protagonisti.
Recensione:
Narrare degli anni di piombo, esplorare quel periodo non è facile, ma doveroso. Una democrazia che si definisca tale deve avere il coraggio, la forza e l'onestà di analizzare, interpretare e riflettere sul fenomeno della lotta armata e del terrorismo politico, che hanno attraversato vent'anni di storia repubblicana e che hanno coinvolto generazioni di militanti. Visto Censura, propone una raccolta di lettere dal carcere di progionieri politici, per lo più brigatisti e racconta quel periodo attraverso esse.
Il volume inizia con quattro approfondimenti che delineano la realtà sociale, lo scontro politico e la lotta di classe di quegli anni. Di notevole interesse, quello di Giulia Fabini sulla novità rappresentata dalle detenute politiche che si trovano inserite in un sistema carcerario femminile assolutamente impreparato.
La parte epistolare è, invece, suddivisa in Affettività, Carcere, Politica e la preziosa sezione Documenti, con testimonianze storiche importanti; l'arco temporale si dispiega dal 1975 al 1986.
Sintassi, grammatica e punteggiatura non sono state corrette, mantenendo l'autenticità delle lettere.
L'attenzione si focalizza inevitabilmente sulla vita carceraria, sul regime degli speciali, sulle condizioni delle nostre galere in quel periodo storico ben preciso.
I protagonisti descrivono torture, privazioni, ma anche scioperi della fame, rivolte e tentativi di conquistare diritti all'interno di strutture e leggi create apposta per loro. Le nostre prigioni si sono dovute modellare su questi nuovi incarcerati, diversi dai delinquenti comuni, spesso uniti e guidati da fervore rivoluzionario.
Altro elemento interessante sono le riflessioni sulle proprie scelte di vita. A un certo punto, le condizioni storiche e sociali del nostro paese, la distanza sempre più marcata dai movimenti, il fenomeno del dissociazionismo e l'arresto dei vertici dei maggiori gruppi armati, ha oscurato l'orizzonte di vittoria a cui tendevano le azioni dei militanti, anche detenuti, che, perso il ruolo di rivoluzionari, devono definirsi prima come prigionieri e poi come cittadini, reinserendosi in una società combattuta fino a qualche anno prima.
E' un libro di notevole interesse, una pubblicazione coraggiosa che invita a una riflessione profonda su ciò che è stato il ventennio di piombo, sul contesto storico e sociale in cui è nato e che lo ha alimentato.
Dalla Resistenza tradita, ferita tutt'ora aperta, al rapimento Moro, forse il momento più difficile della nostra storia repubblicana, passando per la moltitudine di vittime in un periodo in cui il conflitto di classe estremizzato e la voglia di rvoluzione, ha spinto uomini e donne a una scelta radicale, estrema, dichiarando guerra alla propria nazione e tingendo, con la violenza, un ventennio che ha segnato l'Italia.
Chi liquida quei momenti, quelle azioni e quei militanti con superficialità, ignora una realtà storica complessa e una contrapposizione politica e sociale, per fortuna non più “armata”, ancora netta nel nostro Paese.
(Paolo Tognola)
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