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L'uomo che voleva essere colpevole
di Henrik Stangerup

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    Casa Editrice: Iperborea - 176 pagine




  • Genere: Narrativa straniera

    Trama:
    Copenaghen, una sera qualunque, un appartamento come tanti: un uomo, dopo una lite violenta, uccide sua moglie. Una storia come tante. Ma l'azione si svolge in un prossimo futuro e in una società che molto somiglia all'ideale modello della socialdemocrazia scandinava, deformata quel che basta a renderla più universale. Lo Stato che si prende cura del bene comune "dalla culla alla tomba" si è trasformato in una gabbia di conformismo, regno del consenso e dell'eufemismo, in cui tutto è pianificato e obbligatorio, compresa la felicità. E poiché l'omicidio non è altro che insufficiente adattamento sociale, Torben, l'assassino, viene sottoposto a cure psichiatriche e rimesso in libertà. Ma contro le regole di un sistema che nega la responsabilità individuale, Torben si ostina a voler essere giudicato e punito per quel che ha fatto. "L'uomo che voleva essere colpevole" è la storia di un processo kafkiano alla rovescia: l'inutile e sempre più assurdo tentativo del protagonista di dimostrare la propria colpa, l'angosciante senso di isolamento, la spirale di dubbi, lo sfaldarsi dell'identità e della realtà stessa diventano sinonimi della condizione umana in un mondo che rifiuta la dimensione etica e si illude di delegare alla scienza la soluzione dei problemi morali. Solitari destinati a perdere nella lotta impari contro il proprio tempo, i personaggi di Stangerup, figli di Kierkegaard, preferiscono sempre e comunque prendere il rischio della loro verità e provare a essere "Quel singolo" che il filosofo danese voleva scrivere sulla sua tomba.

    Recensione:
    L'uomo che voleva essere colpevole è un romanzo stupendo e terrificante insieme.
    Stupendo, perché le parole scorrono una dopo l'altra come un fiume, evocando figure, storie, immagini che avvolgono il lettore coinvolgendolo.
    Terrificante, perché il futuro prossimo che vi è descritto è spaventoso. Un luogo dove la libertà personale è stata annientata a favore del bene comune, dove le parole vengono cancellate e sostituite da altre che non abbiano connotazioni negative, dove le fiabe non sono ammesse, perché considerate violente, dove infine non esiste più il concetto di colpa.
    Conosciamo il personaggio principale, un uomo che esasperato per il modo in cui è costretto a vivere, in un impeto di rabbia uccide la moglie. Tutto il libro è incentrato sui suoi tentativi sempre più disperati, di farsi riconoscere come omicida, un colpevole che va punito.
    Lo scrittore crea un mondo alla specchio rispetto a quello nel quale viviamo. Noi siamo purtroppo abituati a vedere la colpa, prima dell'innocenza, ed è spiazzante leggere di una realtà dove si è innocenti a tutti i costi.
    Nonostante le parole positive, nonostante l'omicidio non esista, è possibile fuggire alla propria coscienza? E' questa la domanda che emerge da questo scritto.
    Il bisogno di una punizione e del perdono da parte degli altri può divenire così importante da portare alla follia se negato?
    E un mondo dove saremo programmati a pensare e ad agire in un determinato modo può davvero essere il nostro futuro?
    Un capolavoro. Una colpa non leggerlo.
    (Tatiana Vanini)



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